Il divieto imposto dal Ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara sull’uso dei cellulari nelle scuole superiori italiane rappresenta un passo indietro anacronistico e miope in un’epoca in cui il digitale è intrinsecamente intrecciato con ogni aspetto della nostra esistenza. Questa decisione, anziché affrontare le sfide del mondo moderno, sceglie la via più semplice ma meno efficace: quella del proibizionismo, alzando muri invece di costruire ponti verso il futuro.

La frattura

Viviamo in un mondo totalmente digitale, una realtà in cui la ricerca di informazioni, la comunicazione e persino l’apprendimento passano sempre più attraverso schermi e connessioni. Negare agli studenti l’accesso a questi strumenti durante le ore scolastiche equivale a ignorare la realtà in cui sono immersi e a prepararli in modo inadeguato per il loro futuro. Un divieto generalizzato non solo è inefficace, ma rischia di creare una frattura ancora maggiore tra il mondo della scuola e quello extra-scolastico, dove i device sono onnipresenti. La scuola dovrebbe essere il luogo in cui si impara a navigare in questo mondo complesso, con appositi corsi su media e digital literacy. Proibire, invece, l’uso dei cellulari significa precludere agli studenti l’opportunità di sviluppare competenze digitali essenziali, lasciandoli privi degli strumenti necessari per discernere tra fonti affidabili e fake news, per collaborare in ambienti virtuali o per utilizzare le tecnologie in modo produttivo e critico. La vera sfida non è bloccare l’accesso alla tecnologia, ma insegnare un uso consapevole e responsabile dei device digitali. Punire uno studente che cerca informazioni sul web, anche se in orario scolastico, è un errore concettuale. Al contrario, la scuola dovrebbe accompagnare i giovani in questo percorso, guidandoli a sfruttare le potenzialità della rete.

Il piano

L’idea che il cellulare sia esclusivamente una fonte di distrazione è riduttiva e, spesso, figlia di una scarsa conoscenza delle sue infinite applicazioni didattiche. Dalle app per l’apprendimento interattivo ai documentari online, dalle piattaforme collaborative ai musei virtuali, lo smartphone può essere uno strumento potentissimo nelle mani di studenti e insegnanti. Il compito della scuola non è alzare muri e apporre divieti, ma insegnare ai più giovani a orientarsi nel mondo digitale, a discernere, a criticare, a produrre contenuti e a comunicare in modo efficace. Invece di un divieto sterile, si potrebbero ipotizzare ore settimanali di confronto con gli insegnanti sull’uso dei device. Gli studenti potrebbero condividere le loro esperienze, discutere delle problematiche legate all’uso smodato o improprio, e imparare dagli errori comuni.

La scuola come laboratorio

Infine, si potrebbero integrare progetti specifici sull’educazione civica digitale, sulla cittadinanza digitale, sulla sicurezza online e sulla gestione della propria identità digitale. Non a caso, Fondazione Italia Digitale ha da tempo proposto di inserire l’educazione al digitale in Costituzione e come materia scolastica. Un approccio più efficace nel prevenire gli abusi e doterebbe gli studenti di competenze spendibili per tutta la vita, rendendoli cittadini digitali attivi e responsabili. La scuola deve essere un laboratorio di sperimentazione e non una fortezza isolata dal mondo.

Francesco Nicodemo

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