Il caso
Sgarbi e Il giardino delle fate: quel regalo da 150mila euro alla compagna, ma non per nasconderlo al fisco
Si chiude con la formula assolutoria più ampia il caso di Vittorio Sgarbi e de Il giardino delle fate, il quadro di Vittorio Zecchin (1878-1913) che il critico e collezionista d’arte aveva avuto modo di apprezzare e che fu battuto all’asta dalla casa torinese Della Rocca (oggi non più attiva) per 148mila euro in favore della compagna dell’ex sottosegretario, Sabrina Colle. Il gup di Roma ha disposto il ‘non luogo a procedere’ nei suoi confronti dopo che i pm avevano chiesto il processo contestando l’acquisto del dipinto nel 2020 con l’accusa che l’acquisto, ricaduto sulla donna, fosse stato suggerito da Sgarbi per impossessarsi e mettere contemporaneamente al sicuro l’opera da eventuali aggressioni da parte del Fisco, visto che nell’ambito dell’inchiesta su un presunto mancato pagamento di debiti con l’Agenzia delle Entrate gli sarebbe stato contestato un debito di 715mila euro.
Il dipinto regalato dall’avvocato
Il pagamento del lotto, oltretutto, era stato effettuato da Corrado Sforza Fogliani, avvocato e banchiere, nel frattempo deceduto nel 2022, non prima di donare l’opera alla signora Colle. Da lì la richiesta dei pm che nel 2023 contestavano la sottrazione fraudolente al pagamento delle imposte, ipotizzando che il reale acquirente sarebbe lo stesso critico d’arte, che ascoltato annunciò con l’occasione anche un piano per rientrare dal debito con il fisco. I pm, segnalando l’amore di Sgarbi per il dipinto, facevano leva anche su un Calendario del 2022 edito da Il Cigno Edizioni e da lui curato, in cui compare il dipinto in oggetto: una rappresentazione del legame tra l’uomo e l’oggetto.
La difesa di Sgarbi
Sgarbi si era difeso più volte: “Il dipinto è stato donato alla mia fidanzata da Corrado Sforza Fogliani, come risulta da bonifico. Avrà diritto di avere un quadro? Io inoltre non ho mai partecipato all’asta. Il quadro è stato battuto dalla mia fidanzata, è intestato a lei, ed è notificato dallo Stato a suo nome. Lei batte il quadro e dopo un certo tempo, attendendo di pagarlo, ne parla con Sforza Fogliani che decide di regalarglielo. Mi pare legittimo regalare le cose. Ormai siamo nello stato talmente privo di principi che si ritiene che se uno compra un quadro deve essere per forza una persona che lo vuole. E invece può essere un dono, ed è stato un dono. È una cosa che non ha nessun significato, totalmente insensata”
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