Domenica 5, prima domenica di maggio, come ogni mese i musei statali permetteranno l’accesso gratuito dei visitatori. Come tante altre, una bella idea del già ministro per la cultura Enrico Franceschini nel solco dell’impegno a fronteggiare quello che è il più grande problema di diseguaglianza in Italia: l’accesso alla cultura. Come in altri casi (l’autonomia dei musei, per esempio) l’attuale Ministro Sangiuliano uomo astuto benché non legga tutti i libri che l’intellighenzia di sinistra vorrebbe – ha proseguito questa consuetudine e l’ha anche rafforzata con ulteriori aperture, come quella per il 25 aprile, con un valore ulteriore di posizione politica antifascista.

Sangiuliano vada oltre Franceschini

Come per i musei, però, suggerisco al Ministro di andare “oltre Franceschini”; non è facile ma nemmeno impossibile. Vi racconto un episodio: durante i miei tre anni alla Reggia di Caserta capitò una domenica 1° maggio, staccammo 20mila biglietti, un inferno. Voi immaginate cosa significa questa invasione anche solo per i servizi igienici? Per inciso: non prendo sul serio nessun manuale tecnico di museologia che non abbia un capitolo sui gabinetti; non assumerei nessun direttore che non abbia l’umiltà di occuparsene. Questo fu il picco, ma in primavera e in autunno era sempre così: si offriva l’ingresso gratis quando la Reggia sarebbe stata satura anche con il biglietto a pagamento, con il risultato di perdere entrate economiche, peggiorare la qualità della visita per tutti, generare file e frustrare chi si sarebbe arreso alle difficoltà di ingresso.

Più potere ai direttori, musei come treni e alberghi

Confesso che in certi week end di primavera ho talvolta colpevolmente desiderato che piovesse! Ne parlai, senza successo, con il Ministro: “Offri – gli proposi – anche 24 giornate di gratuità, o anche più, ma lascia decidere ai direttori quando praticarle, così serviranno a sostenere la bassa stagione e i giorni feriali nei grandi musei, mentre i meno attraenti potranno fare scelte più appetitose. Poi ho continuato a pensarci su e mi sono chiesto: perché gli alberghi, gli aerei, i treni, i ristoranti e chissà quanti altri servizi praticano prezzi differenziati secondo la stagione, il giorno, diurno e notturno, happy hours e non, mentre un museo costa uguale che sia Pasqua o un freddo giorno di gennaio dopo l’Epifania? Perché in tutti i feriali della bassa stagione non si può praticare la gratuità, o tariffe assai basse, e in alta stagione – almeno nei festivi – praticare tariffe europee, più alte di quelle attuali? Perché, come già da qualche parte avviene, non adottare le happy hours museali, con lo sconto a chi entra presto, nella prima mezz’ora di apertura?

Il macchinone conservatore

A me pare l’uovo di Colombo. Perché non ci si pensa, non se ne parla, non si fa? Perché non siamo abituati a concepire i musei come aziende, e quindi non troviamo utile mutuare, ovviamente adattandole, le tecnicalità gestionali affinate nel settore privato dell’industria e dei servizi, fra le quali quelle del marketing. Il settore culturale pubblico resta un macchinone conservatore quando non reazionario, dove la specificità della cultura, che ovviamente esiste (non vendiamo dentifrici!) serve a coprire inefficienze di ogni tipo.

Mauro Felicori

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