Il 14 aprile 2025 presso il Tribunale di Napoli – Aula Metafora – si terrà il convegno avente ad oggetto la materia di sicurezza e ambiente nei luoghi di lavoro. L’iniziativa è stata fortemente voluta dal Prof. Avv. Alberto De Vita – Ordinario di Diritto Penale all’Università Parthenope di Napoli, l’Avv. Gianni Scarpato, già consulente legale di grandi imprese, tra cui Arcelor Mittal SpA, Acciaierie d’Italia SpA ( ex Ilva Spa in AS), Bridgstone SpA, Ente Autonomo Volturno EAV srl, Azienda Napoletana Mobilità A.N.M. SpA, con il supporto della rivista scientifica De Iustitia, che da anni si pongono l’obiettivo di divulgare l’importanza della formazione, quale punto di partenza necessario per tutelare la salute dei lavoratori. La sicurezza sul lavoro costituisce materia di fondamentale importanza in qualsiasi contesto lavorativo, dove i lavoratori spesso operano in condizioni impegnative e potenzialmente pericolose.

Dunque, la corretta gestione della sicurezza diventa un aspetto imprescindibile per garantire la tutela della salute e dell’integrità dei lavoratori e per prevenire incidenti e infortuni che possono avere gravi conseguenze sia per gli individui coinvolti che per le imprese stesse. L’Avv. Scarpato, a tal proposito, ritiene che l’introduzione e/o il rafforzamento delle deleghe, previste dall’art.16 e ss. del Testo Unico Sicurezza, possano essere di grande aiuto nella riorganizzazione aziendale, riscrivendo funzioni e responsabilità, anche di carattere penale, a tutela dei lavoratori. Secondo il legale, è tecnicamente impossibile la vigilanza di strutture complesse, laddove questa sia suddivisa in distinti settori, rami, servizi.

Basti pensare che nel corso dell’ultimo anno sono stati numerosi i decessi e migliaia le denunce di infortunio, le risorse dedicate all’accertamento della verità è drasticamente ridotto. Le aziende, per tutelare i propri lavoratori, devono necessariamente applicare misure, protocolli, valutazioni e sistemi di monitoraggio necessari per garantire la protezione della salute e dell’integrità dei lavoratori e a mitigare i rischi associati alle attività svolte all’interno dei luoghi di lavoro. Sicuramente nelle attività aziendali complesse la delega, ex art. 16 e sss. D. Lgs. 81/08, in materia di sicurezza sul lavoro è essenziale. L’istituto della delega, unitamente alla sub delega, consente al datore di lavoro di strutturare la gestione quotidiana delle attività.

Sia gli Enti Ispettivi che i Tribunali, infatti, riconoscono l’importanza della delega anche perché appare evidente che un datore di lavoro, in aziende complesse, non ha materialmente la possibilità di controllare centinaia di attività lavorative quotidiane. In tale ottica, diventa cruciale la collaborazione tra il datore di lavoro, gli enti ispettivi ed i lavoratori, compresi i sindacati. Invero, gli ispettorati del lavoro dovrebbero collaborare con le organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro nella progettazione, adozione e revisione delle politiche, delle strategie, dei programmi e dei piani di ispezione. Questa collaborazione può assumere diverse forme, ad esempio attraverso organi consultivi nazionali tripartiti, accordi di coordinamento e cooperazione, comitati congiunti, consultazioni e organizzazione di campagne.

La collaborazione con le parti sociali è un elemento essenziale per l’efficacia del sistema di ispezione del lavoro e deve essere resa operativa a livello nazionale, territoriale nonché aziendale. Inoltre, la collaborazione tra l’ispettorato del lavoro e i rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori deve avvenire, se del caso, in occasione delle visite ispettive e delle azioni da svolgere sul luogo di lavoro, attraverso contatti con il datore di lavoro e i rappresentanti dei lavoratori, se presenti, garantendo sempre l’imparzialità, l’autorità e la sicurezza degli ispettori del lavoro.

Altro elemento imprescindibile nell’ambito aziendale è il rispetto delle normative vigenti in materia di sicurezza ambientale ed ovverosia del complesso di attività che consentono all’impresa di operare all’interno di un sistema di prevenzione ambientale rispetto, da un lato, ai rischi e alle sanzioni che potrebbe subire nell’ambito della sua attività e, dall’altro, ai rischi che potrebbe correre nel non essere a conoscenza delle opportunità che vengono offerte dalla approfondita conoscenza di questa disciplina, ancor più in un momento – come questo – di straordinaria spinta economico finanziaria ambientale. Una vera propria green compliance ormai da ritenersi indispensabile anche alla luce di un mercato che richiede sempre più prodotti e comportamenti ecocompatibili, fino a spingersi in un modello di sviluppo in cui sarà vincente la riconversione ecologica.

V’è da chiarire, peraltro, che a differenza di quel che avviene già da diversi anni per la sicurezza (e salute) sui luoghi di lavoro, dominata – in questo caso – dal principio di prevenzione “obbligatoria”, disciplinata da specifiche norme presenti nel noto Testo Unico n. 81/2008, la sicurezza ambientale non è obbligatoria, ma in ogni caso si rende quanto mai necessaria in ambito aziendale. Anche il fatto che non solo le figure professionali “ambientali” non sono “tipiche” come per la sicurezza sui luoghi di lavoro, ma che alcuni importantissimi istituti tipici in tema di responsabilità (es. deleghe di funzioni) in campo ambientale sono assai meno definiti rispetto al TU 81/08, spinge a ritenere che è giunto il momento per fare quel salto di qualità sul terreno della consapevolezza, competenza e autorevolezza necessari per essere pronti a questa sfida. Il tema delle responsabilità ambientali aziendali è proprio un aspetto cruciale che va correttamente identificato e chiarito per le aziende che vogliono operare in serenità ed essere dunque ambientalmente sicure.

Particolarmente significativa, in tale materia, è la recentissima sentenza- pilota emessa il 30 gennaio 2025, dalla Corte europea dei diritti umani (CEDU) ha nel caso Cannavacciuolo e Altri contro Italia (ricorso 51767/14 e altri), sulla situazione di grave inquinamento ambientale che ha colpito il territorio compreso tra le province di Napoli e Caserta noto come “Terra dei Fuochi”. La CEDU ha riscontrato che l’Italia ha violato l’art. 2 (diritto alla vita) della Convenzione europea dei diritti umani (CEDU) in virtù del quale lo Stato ha il dovere di proteggere i cittadini da minacce gravi e imminenti per la vita. Secondo i ricorrenti le autorità italiane non hanno affrontato il problema dell’inquinamento con la dovuta diligenza, lasciando la popolazione esposta a un rischio mortale. Difatti, la Corte ha riconosciuto il fallimento dello Stato Italiano nel proteggere la vita di cittadini e cittadine, non intervenendo con la necessaria urgenza. Per questo motivo la Corte ha imposto all’Italia misure obbligatorie entro due anni per affrontare il problema della Terra dei Fuochi. In conclusione, si tratta di una sentenza molto importante, poiché ha portato sia a una condanna dell’Italia, sia all’obbligo di adottare misure concrete per la bonifica e la protezione della popolazione. La mancanza di consapevolezza nella percezione dei rischi ambientali e del non rispetto delle normative dettate in materia di sicurezza sul lavoro (e delle relative opportunità offerte da queste discipline) conduce inevitabilmente ad esporsi a rischi e sanzioni, nella maggior parte dei casi sconosciute o sottostimate, o ad intervenire quando ormai è troppo tardi. Prevenzione ambientale e sicurezza sul lavoro, dunque!