Ha fatto arrestare i fratelli Zagaria e il cugino del boss ‘Sandokan’ Schiavone grazie alle sue denunce, ma da due anni gli è stata tolta la scorta “senza motivazione”, portandolo a pentirsi di aver coraggiosamente denunciato le richieste estorsive da parte dei clan camorristici di Caserta, portandolo ad una vita di rinunce, in costante pericolo e ad una lunga trafila nei tribunali per testimoniare di persona contro i clan.

È quanto denuncia in un colloquio con l’Adnkronos Roberto Battaglia, 52enne imprenditore agricolo del settore lattiero caseario della provincia di Caserta che nel 2008 denunciò l’estorsione subita dalla camorra portando all’arresto di una trentina di persone, esponenti del clan dei Casalesi.

Un Paese, l’Italia, che secondo Battaglia “non cambierà mai. Raccontiamo le favole che tutto va bene ma qui, se non ti uccide la Camorra ti uccide lo Stato. Da due anni mi hanno tolto la scorta senza motivazione, a me, talmente stupido da denunciare e far arrestare i fratelli Zagaria e il cugino di Sandokan”, è la sua accusa.

Privo di tutele da due anni, Battaglia si dice “massacrato” e “abbandonato” dallo Stato, il tutto mentre il processo che vede imputato Luigi Schiavone, cugino del boss Sandokan, “non è ancora alla fine del primo grado. Se non fosse stato per i miei avvocati, che con la Dda hanno contestato l’aggravante mafiosa, i reati sarebbero stati tutti prescritti: parliamo di uno che è stato arrestato in flagranza di reato nella mia azienda agricola, trovato con in tasca 150mila euro di assegni, contanti, cambiali, anche di altri imprenditori che non avevano avuto il coraggio di denunciare”.

Quanto a Pasquale, Carmine ed Antonio Zagaria, fratelli del boss dei Casalesi Michele Zagaria, sono stati assolti dalla Corte di Appello di Napoli, con la procura generale che aveva chiesto condanne da sei a 14 anni di carcere. Secondo l’accusa Battaglia era oberato da innumerevoli debiti usurari ed in virtù della forte esposizione debitoria a cui era esposto sarebbe stato costretto dalle minacce dei membri del clan dei Casalesi a vendere attrezzature e beni strumentali alla propria attività per saldare i debiti.

Ma nel frattempo l’azienda agricola di Battaglia “è distrutta, i ristori non arrivano e siamo in una situazione in cui quelli che vorrebbero denunciare e guardano il mio esempio non denunciano, perché si cade dalla padella alla brace”.

Una situazione che si è fatta insopportabile per l’imprenditore, che rivela come dopo aver denunciato l’estorsione “ho perso le mie case in attesa di avere i ristori coi processi in corso: mia madre a 80 anni si è ritrovata senza un tetto, chi mi ridà quello che avevo? Oggi sono in affitto, mi hanno bruciato la macchina, fatto danni gravissimi alle attrezzature, all’epoca chiesi di avere un acconto sui ristori che mi spettano e sto ancora aspettando, sono 8 anni che ho fatto domanda alla Prefettura di Caserta. E non sono solo io, tanti i poveri ingenui che credono nello Stato, che hanno avuto il coraggio di denunciare, falliti perché non sono tutelati”.

Da qui lo sfogo più amaro di Battaglia: “Oggi mi dicono che sono stato un matto a denunciare, mi chiedono chi me lo abbia fatto fare. Hanno ragione. Arrivati a questo punto io non solo non rifarei mai quello che ho fatto, ma anzi invito a non denunciare, che non ne vale la pena. C’è un calo assurdo delle denunce, le associazioni anti racket non offrono supporto. Mentre i processi durano anni e anni, nel frattempo sei morto, completamente abbandonato”.

Quella che poi definisce “ciliegina sulla torta” è l’eliminazione della scorta “pur dovendo continuare a presenziare ai processi”. “Oggi purtroppo le emergenze sono altre – prosegue l’imprenditore casertano – l’Afghanistan, i migranti, il Covid e ogni tanto se ne escono dicendo che le mafie si infiltrano nei tessuti economici deboli. E che soluzioni offrono? Nessuna. Sono in una condizione di disastro, l’imprenditore che denuncia ha debiti anche con l’Agenzia delle Entrate e a me neanche applica la sospensiva che dovrebbe applicare per legge”.

Da qui l’amarezza per il trattamento subito: “Mi hanno messo all’asta le case, ho perso l’attività, non avendo ricevuto il giusto ristoro per rimetterla in funzione. Se mi fossi stato zitto avrei dovuto fare il sacrificio di pagare e subire ma almeno non avrei corso il rischio della vita. Come posso dire agli imprenditori che bisogna credere nello Stato se diventa sempre più assurdo andare a chiedere quello che ti spetta, nel momento in cui decidi di denunciare? Credo nella magistratura, nelle forze ordine, ma anche loro fino a un certo punto possono fare, oltre non possono più andare”.

Redazione

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