Dai titoli dei giornali, di tutti i grandi giornali leggo ‘Europa sotto attacco dalla Russia’, ‘Il ricatto della Russia’, ‘La guerra del gas’. Resto un po’ stupito. Mandando le armi all’Ucraina e sanzionando la Russia, pensavamo che Mosca sarebbe stata ferma?

Era evidente che la Russia avrebbe reagito. Nel momento in cui si fa una guerra, si sa che il nemico ha alcune armi per reagire. Sapevamo anche con precisione quali. Sapevamo anche di essere fortissimamente dipendenti dalla Russia per il gas, quindi per tutta la produzione energetica in Italia e anche in altri paesi europei.

Mi chiedo come siano state prese le decisioni da parte dell’Italia e dell’Europa sulla vicenda Ucraina? Non sto qui a fare questioni di interventismo o di pacifismo, o ancora di natura etica. Non sto a discutere sul rispetto dell’articolo 11 della Costituzione, che prevede che l’Italia non prenda parte alle guerre. Discutiamo solo di realpolitik. Se si inizia bisogna sapere in quali condizioni si inizia e quali possono essere gli effetti.

Qui stiamo parlando della guerra alla Russia, non della guerra a San Marino. Sappiamo che la Russia è un paese potentissimo sui piani economico, militare e politico. Ha un’influenza forte in molte parti del mondo. Mi chiedo se questi aspetti siano stati valutati o siano state prese decisioni all’arruffona, semplicemente seguendo quelle che erano le indicazioni di fondo di Washington. Questa è una domanda seria.

Adesso faremo le docce più corte. Spegneremo le luci. Faremo tutto quello che ci ha consigliato ieri il governo. Va bene. Resta tuttavia un problema drammatico. L’Europa e l’Italia rischiano la recessione. Quando Mussolini entrò in guerra, fece un grande fanfare. Disse: “Otto milioni di baionette”. Certo, ma la guerra la si faceva con gli aeroplani e l’Italia non ne aveva. Mussolini pensava di poter vincere in pochi giorni perché i tedeschi stavano dilagando in tutta Europa ma non andò così. L’Italia non era in grado di entrare in guerra. Al di là di tutte le altre motivazioni, questa è la politica realistica.

Nella decisione di entrare in guerra con la Russia non c’è stato nulla di realistico. Naturalmente, tutti mi dicono che non siamo noi ad essere entrati in guerra con la Russia. È la Russia che ha invaso l’Ucraina. Questo certamente è vero. Ma di fronte all’invasione dell’Ucraina, in parte già prevedibile con quel clima di tensione che perdurava da un decennio, lo scontro era l’unica scelta possibile? A voi risulta che le scelte politiche e strategiche si fanno di solito sulla base di una motivazione etica? A me francamente no. Altrimenti, saremmo dovuti intervenire in decine di altri teatri di guerra nel mondo.

Dietro la guerra, c’era un problema essenzialmente politico tra Russia e Ucraina. Su tale questione politica come siamo intervenuti? Io ho l’impressione che l’Europa abbia dato una prova di superficialità impressionante e di subalternità agli Stati Uniti che da tanti anni non si manifestava almeno in queste proporzioni. Adesso, il problema è molto più grande di quello che ci aspettiamo. L’Europa rischia di perdere questa guerra. Di perdere clamorosamente una guerra non solo militare ma anche economica. Per quanti decenni poi la pagheremo?

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.