Il desiderio di maternità negato
Storia della transizione di Paola: “Sono donna e voglio diventare mamma”

Incontrando Paola Conte e suo marito Carmine Diamante la prima cosa che colpisce è la grande forza del loro amore. Lo si vede dagli sguardi che si scambiano, dalla complicità dei loro gesti, da come si rivolgono l’uno all’altra. La loro bella casa è piena di foto di momenti felici passati insieme. Al piano terra c’è il loro saloon di bellezza nel centro storico di Grazzanise, cittadina in provincia di Caserta. L’unica cosa che manca per il coronamento del loro grande sogno è un bambino. Non possono averlo naturalmente perché Paola è trans. Non riescono ad adottarlo perché, come dice Paola “per lo Stato io sono una spostata mentale perché ho fatto un cambiamento. Ma io voglio dare tutto il mio amore a un bambino piccolo, farlo crescere con dei valori, con degli esempi e soprattutto pieno d’amore, quello che io e mio marito possiamo dare”. Paola è donna a tutti gli effetti e vorrebbe diventare mamma.
In passato ci è andata vicino: per 7 anni ha cresciuto una bambina, Ester, che le è stata affidata da una donna nigeriana che aveva una serie di problemi per cui non riusciva a mantenere la sua piccola. Poi la donna è stata espulsa dall’Italia e il Tribunale ha portato Ester in una casa famiglia. “Ce l’hanno tolta e da due anni non abbiamo più sue notizie. Ma noi abbiamo fatto di tutto per adottarla legalmente senza riuscirci”.
Così Paola e Carmine hanno deciso di rivolgersi a una clinica ucraina dove si pratica la surrogazione, pratica meglio conosciuta come “utero in affitto”. “Queste donne che si prestano ad ospitare la gravidanza di figli di donne che non possono averne fanno un grande gesto – dice Paola – Dovrebbe essere una pratica consentita anche in Italia. Il pacchetto completo costa 49mila euro. Bisogna recarsi lì, a Kiev, fermarsi 5 giorni, in cui congelano il seme di mio marito e noi scegliamo due donne, una che mette a disposizione gli ovuli, l’altra che ospiterà la gravidanza. Quando nasce il bambino, l’ambasciata italiana a Kiev rilascia un passaporto con cui poi nel giro di due settimane possiamo tornare in Italia con il bambino”.
“Perché in Italia non è possibile fare un’operazione del genere? – continua Paola – Perché tante donne devono essere violentate in questo modo, andare in Ucraina, e sottoporsi a tutto questo? L’Italia è davvero molto indietro su tante cose. Basta vedere cosa succede con le unioni civili: non lo chiamano nemmeno matrimonio quando avviene tra due persone dello stesso sesso. Ma chi può decidere una cosa del genere quando tra due persone c’è solo amore?”.
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Paola non ci sta a sopportare in silenzio quella narrazione delle persone trans come “fenomeni da baraccone”. “Troppo spesso in TV vediamo persone trans che vogliono fare spettacolo con queste esuberanze in tutto e che fanno passare il processo della transizione come una cosa semplice – racconta Paola – Io ho iniziato la transizione 20 anni fa, sono una donna normale, faccio la parrucchiera, faccio i servizi in casa come ogni donna, mi vesto discretamente non sono eccessiva in nulla. In TV si mostra solo una transazione ridicolizzata che non mi piace. E sono certa che nessuna di queste ragazze vorrebbe un bambino come me”.
Il percorso di Paola non è stato semplice. Già da bambina si sentiva donna ma solo a 19 anni ha trovato il coraggio di avviare la transizione. “A 22 anni ho iniziato la terapia ormonale – racconta Paola – La cosa più difficile è stata accettarmi io. Poi tutti gli interventi chirurgici, costosi e sofferti. È un percorso lungo e sacrificato, psicologicamente e fisicamente. È stato doloroso anche non essere accettati da mio padre e mio fratello che 20 anni dopo ancora non mi parla. Ho avuto tante difficoltà anche a lavorare per la mia transizione”.
Oggi Paola è una professionista affermata, ha un salone di bellezza che gestisce con Carmine e tutte le persone che li circondano li stimano molto. Fanno molta beneficenza per aiutare chi è in difficoltà e adesso chiedono a tutti aiuto per realizzare il loro sogno di avere un bambino. “Io sono molto religiosa, sono devota alla Madonna di Pompei e a Gesù che hanno sempre illuminato il mio cammino. Nonostante la mia chiesa non mi abbia accettata – racconta – mi sono dovuta sposare in comune con un prete protestante perché il mio parroco mi ha mandata via”.
Carmine ha sempre supportato Paola nella vita. “Io la amo sopra ogni cosa – dice – sono sempre stato con la testa alta: si deve vergognare chi ammazza, chi ruba, non chi come me è colpevole solo di amare profondamente. Avevo 25 anni quando mi sono innamorato di Paola e ho capito che lei era mia. L’ho sposata e non mi sono mai pentito di averlo fatto. Il pregiudizio nei nostri confronti è una cosa molto brutta. Noi non siamo alieni, siamo umani e ci amiamo tanto”.
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