L'intervista
Taglio dipendenti pubblici, Stefano da Empoli: “Quello che stanno facendo Musk e Milei in Italia non si può fare, si rivolterebbero tutti”
L’economista liberale, presidente dell’Istituto per la Competitività, analizza gli Usa di Trump e quelle di Milei in Argentina: “Digitalizzare risolverebbe, anche in Italia. Ma non lo lasceranno fare, Meloni lo sa”

Elon Musk ha invitato il governo degli Stati Uniti a “cancellare intere agenzie”, come parte della campagna in corso sotto l’amministrazione Trump per ridurre drasticamente la spesa pubblica e rivedere le priorità nazionali. Il consulente per la riduzione della spesa pubblica di Trump ha sostenuto che, piuttosto che limitarsi a riformare le agenzie esistenti, il governo statunitense ha bisogno di un approccio più radicale. «Dovremmo cancellare intere agenzie», ha detto Musk. «Se non eliminiamo le radici del problema, è facile che ritorni».
Intervenendo in video al World Governments Summit di Dubai, Musk ha anche presentato un’ampia critica all’attuale sistema degli Stati Uniti, sostenendo che attualmente viene privilegiato il «governo della burocrazia» rispetto al governo del popolo. «Siamo governati dalla burocrazia, non dal popolo», ha dichiarato Musk. Ne parliamo con Stefano Da Empoli, economista liberale, presidente dell’Istituto per la Competitività. Il suo ultimo libro è “L’economia di Chat Gpt”, pubblicato con Egea editore.
Le pubbliche amministrazioni finiscono nel mirino, ieri in Argentina, oggi negli Stati Uniti. Gonfiate negli anni, non reggono più alla prova della digitalizzazione. Potendo, dovrebbero essere decimate tutte…
«Intanto vanno precisate le differenze tra i due casi di cui stiamo parlando. L’Argentina è un caso limite, politiche pluridecennali, in particolare con Kirckener e poi con Fernandez, hanno visto gonfiare oltre ogni misura l’apparato pubblico che ha finito per costituire un’economia sussidiata. Dove il settore privato è rimasto schiacciato da un sistema di incentivi perverso e ha visto prodursi una inefficienza generale, sistemica. Un concetto di ristrutturazione della Pa anche grazie alla leva digitale adesso può esserci, e l’impegno di Milei in questo senso sembra iniziare a dare i primi frutti».
Diversa, diceva, è la situazione degli Stati Uniti.
«Gli Stati Uniti hanno una doppia burocrazia, statale e federale, poi hanno anche la governance multilivello delle contee, ma non hanno mai adottato la soluzione elefantiaca che ha ingessato l’Argentina. Hanno un apparato pubblico più asciutto, soprattutto in termini di peso sull’economia. Ciò non significa che non ci siano aree da limare, su cui intervenire. Ma mentre l’esperimento di Milei è decisivo per far ripartire il sistema argentino, quello di Musk e Trump è importante, se vogliamo, ma non determinante. L’economia americana va bene a prescindere dall’impegno economico nel settore pubblico».
Gli Stati Uniti che inventano e sperimentano ogni nuova tecnologia da novant’anni a questa parte, possono oggi sperimentare la Pa-light?
«Hanno vincoli minori rispetto al nostro, rispetto ai paesi europei. Il presidente americano ha libertà di manovra ampia, applica uno spoil system assoluto. Possono sperimentare, certamente, più di qualsiasi altro governo occidentale. Ma adesso c’è il vaglio dei tribunali, perché il sistema della giustizia ha le sue prerogative, e sospetto che qualcosa non supererà quel filtro».
Da dove nasce l’idea di Musk di fare come Milei?
«Io penso che Musk abbia studiato i libri di Milton Friedman. In particolare ce n’è uno che ha scritto insieme con sua moglie Rose, nel 1984, che si intitola “La tirannia dello status quo”. In quel libro si dice che è strategicamente centrale, per rinnovare profondamente il paese, dare un taglio importante alla Pubblica amministrazione, ai burocrati. E indicava, per realizzarla, un metodo: l’azione deve essere repentina, perché altrimenti si forma la resistenza e il potere di veto incrociato delle burocrazie. Uscì come critica a Reagan che malgrado le promesse non riuscì a risparmiare sulla spesa pubblica proprio per il blocco unico organizzato nei mesi da sindacati, sistema giudiziario e amministrazioni centrali e locali».
E da noi, si potrebbe fare un progetto di falcidia dei dipendenti pubblici, con l’accetta?
«In Italia? Mai. Né con l’accetta, né con il contagocce. Partiti di sinistra, di centro e di destra sono uniti, su questo: gli elettori si rivolterebbero, i sindacati farebbero le barricate, i burocrati sabotaggio. Abbiamo visto come sono andati i tentativi di contenere gli sprechi di Carlo Cottarelli, il governo dei tagli di Mario Monti o, sul piano della riduzione del peso della burocrazia, il referendum costituzionale del 2016. Tutti archiviati con fastidio dalla pancia del paese».
Non c’è speranza, per noi, di alleggerire, di digitalizzare, di riformare la Pa?
«Potrà avvenire, ma gradualmente, con una nuova generazione. Tuttavia, se non siamo pronti ad essere i nuovi Stati Uniti, non siamo neanche la vecchia Argentina. Siamo una via di mezzo. E Giorgia Meloni lo sa bene: non a caso è amica di Musk e di Milei ma non si è mai sognata di usare in Italia gli stessi termini che usano loro».
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