L'urgenza
Rischio ambientale, per l’UE è ora di cambiare approccio
Il ricorso all’implementazione di una Misura Nazionale, in vigore ormai da un decennio, non ha scalfito la dicotomia nord-sud, spingendo di fatto il mercato assicurativo ad un fallimento tecnico
Da qualche anno un sottile filo rosso unisce le sorti di molte regioni italiane ed europee: gli effetti dirompenti degli eventi meteorologici catastrofici, ormai sempre più frequenti e non prevedibili. Eventi che compromettono gli assetti idrogeologici, i paesaggi, gli ecosistemi e, in particolare in Italia, mettono a repentaglio la sopravvivenza economica del sistema agricolo, delle aree rurali e periferiche. Senza questa garanzia di sopravvivenza, l’impostazione sostanziale del Green Deal e della strategia Farm to Fork, obiettivo cardine della Politica Agricola Comune (Pac), sarà sostanzialmente pregiudicata. Su questo fronte l’auspicio di un cambio di rotta arriva direttamente dal commissario all’Agricoltura Janusz Wojciechowski che, in una recente dichiarazione, ha affermato che la Pac ha bisogno di un Terzo Pilastro per gestire le crisi e per aiutare gli agricoltori in caso di disastri legati al clima. Ma questo terzo pilastro potrà essere implementato soltanto nel 2027, dopo la scadenza dell’attuale programmazione della Pac. Troppo tardi.
La road map
Un primo passo dovrà essere quello di inserire questa nuova visione in un documento che delinei il dialogo strategico, proposto dalla presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, nel mese di settembre. Una road map è già stata tracciata al Comitato Europeo delle Regioni (COR), dove sono stato relatore di un parere sulla gestione del rischio, adottato ad ottobre e fondato sulla necessità di prevedere l’istituzione di un fondo crisi che riesca a cartolarizzare gli eventi estremi sui mercati finanziari, aumentando la capacità della riserva di crisi già esistente grazie al meccanismo di leva finanziaria, e affidando un ruolo ancora più importante agli strumenti di gestione del rischio. Sarà fondamentale definire bene il perimetro di azione, la sinergia e la sostenibilità dei singoli strumenti: prodotti assicurativi e finanziari ben progettati, se utilizzati in modo inappropriato, rendono inefficace ed inefficiente l’intervento pubblico. Per decenni abbiamo subito il concetto che la gestione del rischio potesse essere identificata con la stipula di una assicurazione: questa distorsione ha creato danni al mercato assicurativo, spingendo le compagnie a fornire tutele per rischi che non dovrebbero ricadere nell’operatività di una polizza (i cosiddetti rischi sistemici, come gelo e siccità), e alle imprese agricole, lasciandole prive di tutele in caso di crisi di mercato, crisi sanitarie e difficoltà di accesso al credito. Nello specifico, per il tradizionale sistema assicurativo in Italia viviamo un dualismo fortissimo tra le diverse aree del Paese: l’80% della produzione agricola assicurata è appannaggio delle regioni del nord. Il ricorso all’implementazione di una Misura Nazionale, in vigore ormai da un decennio, non ha scalfito questa dicotomia nord-sud, spingendo di fatto il mercato assicurativo ad un fallimento tecnico. In Campania, ad esempio, soltanto il 3% delle aziende risultano assicurate.
Il progetto AgriRisk
Ho inteso affrontare radicalmente e con urgenza questa realtà così deficitaria. Con il progetto AgriRisk in Campania abbiamo iniziato un percorso per definire quali strumenti siano funzionali a garantire il reddito dei profili di rischio prevalenti dei nostri territori. È necessario, dunque, ri-orientare il budget e il funzionamento della Misura Nazionale, garantito prevalentemente con l’apporto di sei Regioni del sud Italia. Il momento di cambiare radicalmente approccio era ieri. Non è più tempo di ristori infinitesimi a pioggia. Dobbiamo dare prospettiva e identità a milioni di donne e uomini che svolgono un ruolo economico, sociale e ambientale straordinario per i nostri Paesi.
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