Attualità
Una torre nel degrado, così il progetto di De Luca per la città è incompiuto già in partenza
Nessun potere resiste alla tentazione di celebrare se stesso edificando opere monumentali e questa tentazione non poteva risparmiare il presidente Vincenzo De Luca, per due mandati alla guida della Regione e per quattro volte sindaco di Salerno. Le ambizioni monumentali del presidente si indirizzano verso la vasta area di Napoli Est, una volta laborioso polo industriale e oggi desolata terra di emarginazione sociale. Nel novembre scorso, davanti all’attenta platea di Est(ra)Moenia, una nuova associazione che riunisce imprenditori, esponenti del mondo accademico e del terzo settore impegnati nella riqualificazione urbanistica, De Luca ha tracciato il suo programma per rilanciare questa porzione della città: costruire un Hub di interscambio alle porte di Napoli, interrando la linea Eav fino a Piazza Garibaldi per realizzare un grande parcheggio per gli arrivi dall’autostrada Napoli-Pompei-Salerno; costruire un parco urbano e un lungomare orientale; edificare una nuova sede della Regione Campania, per evitare la dispersione di uffici e per risparmiare risorse immobilizzate nei fitti. De Luca ha promesso che questi interventi, resi possibili dalla grande occasione del PNRR, edificheranno la nuova “Napoli europea, di grande qualità urbana, di grande qualità architettonica, ma anche di grande ricchezza in termini di sviluppo umano, economico e formativo”.
È imminente la convocazione di una conferenza dei servizi (tra Regione, Comune e FS, proprietario dei suoli interessati) finalizzata alla “sottoscrizione dell’Accordo di programma per la realizzazione del Nodo intermodale complesso di Napoli Garibaldi-Porta Est e la rigenerazione urbana delle aree ferroviarie”, che dovrebbe dare il primo assenso formale al progetto di De Luca, e dare avvio alla costruzione di una torre di un’ottantina di metri, destinata ad ospitare la nuova sede della Regione, dal costo previsto di circa 300 milioni, parte del miliardo previsto per la realizzazione dell’intero progetto Napoli Est (e ci chiediamo non sarebbe meglio utilizzare Palazzo Fuga?). Un tentativo di modernizzazione della città, quello proposto da De Luca, che appare già alla nascita come un progetto disorganico e parziale, destinato alla incompiutezza. La recente storia urbanistica della città è infatti stata caratterizzata dalla parzialità e dall’incompiutezza, effetto di un potere debole, precario, senza una visione strategica e una capacità di controllo, e che spesso ha lasciato che la città divenisse facile preda della speculazione. La torre di De Luca dovrebbe sorgere a duecento metri dal decadente Centro Direzionale, destinato in origine ad essere il cuore pulsante di una Napoli restituita alla modernità e che invece è oggi ridotto a una fredda cattedrale in un deserto di degrado e solo parzialmente, appunto, ha svolto le funzioni urbanistiche e di servizio per la quale era stata edificata. Un progetto quindi che non è organicamente inserito nel tessuto urbano e che assocerà il nuovo inutile al degrado dell’esistente. Altra cosa sarebbe concepire un piano completo di rigenerazione dell’area orientale, trasformandola in un asse di sviluppo urbano, imitando il percorso compiuto da Milano. La sindrome della incompiutezza ha colpito anche la zona Occidentale, con la scandalosa e colpevole trentennale inerzia di Bagnoli. Così come parziale fu il Risanamento seguito alla tragica epidemia di colera del 1884, che rivelò al mondo la terribile eredità borbonica di povertà e sottosviluppo. Il progetto urbanistico che seguiva le tracce della Parigi del Barone Haussmann, fu realizzato solo in parte, lasciando il centro storico in uno strano stato ibrido, dove la luce dei nobili palazzi che si affacciano sul boulevard del Rettifilo convive con l’oscurità dei vicoli adiacenti, cronico scenario di miseria e malaffare. Questa contaminazione eccita il turista in cerca di emozioni, ma lascia Napoli sulla soglia della modernità con un centro storico che aspira a essere un museo antropologico e urbanistico a cielo aperto, eletto a sito Unesco, ma di fatto è la fortezza della camorra e la palestra del microcrimine.
E ancora le periferie umiliate dalle orribili e invivibili costruzioni partorite dal “Piano Straordinario Edilizia Residenziale di Napoli”, del 1982-83, concepite di fatto come ghetti e destinate oggi per la maggior parte all’abbattimento, da Scampia a San Giovanni, Barra, Ponticelli, opere urbanistiche anch’esse incompiute. Napoli non è solo stata vittima di un potere precario e miope, ma è anche stata martoriata da architetti che hanno assecondato la speculazione selvaggia (come nel periodo laurino) o sono stati sedotti da astratte ideologie di modernizzazione urbanistica avulse dal contesto storico napoletano (come nel caso del Risanamento o della ricostruzione post terremoto) o, infine, si sono chiusi in un fanatica fede ambientalista che ha condannato all’immobilismo (come nel caso di Bagnoli o dell’intoccabile centro storico). Per questo Napoli resta una città dalla modernità incompiuta, e non basteranno inutili torri a renderla moderna.
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