Budapest 2020: da ieri sono stati conferiti “pieni poteri” al premier ungherese Viktór Orbán, che ha promesso di usarli «in modo proporzionato e razionale» Glieli attribuisce il Parlamento locale, nel nome della lotta al coronavirus. Governare uno stato con i cittadini reclusi in casa è probabilmente il sogno recondito di molti uomini politici. Ma questa volta Covid-19 l’ha fatta grossa, dando al capo indiscusso dell’Ungheria la scusa buona per chiudere definitivamente i conti con la democrazia liberale.  Per la prima volta dai tempi del crollo del muro di Berlino – che aveva provocato la progressiva caduta dei regimi totalitari dell’Est – ricompare nel cuore dell’Europa lo spettro della dittatura. Secondo la legge approvata in Parlamento, Orbán può governare sulla base di decreti, chiudere il Parlamento, cambiare o sospendere leggi esistenti e ha la facoltà di bloccare le elezioni. Tutto senza limitazioni di tempo. Solo lui potrà dire quando finirà lo stato di emergenza.

La proposta dell’opposizione di inserire una deadline entro 90 giorni, in cambio di un voto favorevole, è stata respinta dalla maggioranza. Inoltre, chi diffonderà “false notizie” – giornalisti compresi – rischierà da 1 a 5 anni di carcere. Il provvedimento è stato approvato dai deputati di Fidesz, il partito del premier, e da alcuni altri dell’estrema destra: in sintesi, 138 voti favorevoli contro 53 contrari. «Oggi inizia la dittatura senza maschera di Orbán», ha detto Bertalan Toth, leader dei socialisti ungheresi. Ma la situazione attuale non giustifica tutto questo: in Ungheria, finora, sono stati certificati solo 447 contagiati da coronavirus e i decessi sono appena 15. È vero però che i dati reali – come ormai abbiamo imparato dall’esperienza cinese prima e da quella italiana poi – potrebbero essere molto più alti, anche 15 volte di più. Peter Jakab, presidente del partito nazionalista Jobbik, ha parlato di «democrazia ungherese in quarantena» e di «colpo di Stato» senza fondamento.

La risposta di Orbán non si è fatta attendere: «L’opposizione sta dalla parte del virus», ha accusato il premier. Intanto, il paese è in una fase di lockdown parziale che durerà fino a Pasqua: i cittadini devono restare in casa e, ad eccezione delle attività essenziali, le scuole, i ristoranti e molti negozi sono chiusi. «Questo disegno di legge crea uno stato di emergenza indefinito e incontrollato e dà a Viktór Orbán carta bianca sulla limitazione dei diritti umani», ribatte Dávid Vig, direttore ungherese di Amnesty International. «Non è questo il modo di affrontare la crisi che è stata causata dalla pandemia di Covid-19». Nonostante severe perplessità sulla legge, l’opposizione liberale ungherese aveva offerto un compromesso basato sull’approvazione di una clausola che garantisse una scadenza precisa al periodo di emergenza istituzionale.

«Concordiamo con il governo: esiste un’emergenza e bisogna fare di tutto per combatterla. Abbiamo offerto tutta la disponibilità, ma abbiamo chiesto un limite di tempo», ha dichiarato Ágnes Vadai, parlamentare del partito di opposizione Coalizione democratica. Venerdì scorso, alla domanda sulla possibile fine dello stato di eccezione, il ministro della giustizia Judit Varga ha dichiarato: «La vita darà la risposta. Non sono un medico, non sono uno scienziato, ma penso che sarà chiaro per tutti, in Europa, quando la crisi sarà finita». Il portavoce di Orbán, Zoltán Kovács, aveva aggiunto: «Proprio come in tempo di guerra, uno stato di emergenza potrebbe estendersi fino alla fine delle ostilità».

In verità, il leader ungherese sembra più interessato all’esercizio del potere irresponsabile piuttosto che alla risoluzione dei problemi. Ancora oggi, infatti, i servizi sanitari effettuano pochissimi tamponi: dall’inizio dell’epidemia ne sono stati realizzati poco più di 13 mila in un paese che conta quasi 10 milioni di abitanti. Negli ospedali mancano tute, guanti e mascherine protettive, e in tutto il paese ci sono soltanto 2560 apparecchi di respirazione.  Nei giorni scorsi, sulla sua pagina Facebook, Viktór Orbán aveva annunciato in pompa magna il rifornimento di attrezzature sanitarie da parte della Cina: «Dalla Cina più di tre milioni di mascherine, 100mila kit per i test e 86 respiratori».

A corredo, le immagini del cargo della Suparna Airlines, la compagnia aerea cinese, atterrato a Budapest con la fornitura di materiale medico sanitario e un video che lo ritrae al momento dei saluti – con il “tocco di gomito” – con l’equipaggio cinese. Il 23 marzo scorso anche la China Construction Bank corporation aveva donato 20 mila mascherine protettive al Centro nazionale magiaro per i servizi sanitari. Come spiega il South China Morning Post, la Cina sta realizzando nell’Europa centrale e orientale una strategia diplomatica aggressiva. Si chiama “17+1” ed è rivolta ai 17 paesi più poveri e instabili dell’Europa centro-orientale (tra questi, gli stati di Visegrad). Il paese di testa di questo gruppo sarebbe proprio l’Ungheria. Il legame tra il colosso comunista cinese e la neo-dittatura populista magiara può diventare il prossimo incubo dell’Europa.

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