Ad agosto un gruppo di persone conosciute su Twitter ha deciso di mettersi insieme e di cominciare a riflettere sul senso di una politica europea che, in politica estera, fa più passi indietro che avanti. Persone legate da una passione per il Kosovo e la Bosnia-Erzegovina e che vedono innanzitutto la necessità di difendere una visione non parziale per il futuro di questi due paesi. Mi è venuto spontaneo raccogliere le energie positive per questi due paesi e cominciare a costruire qualcosa di concreto. Superando la distanza (alcuni membri sono in Kosovo, altri in Bosnia-Erzegovina, altri ancora in varie parti di Europa e addirittura del mondo), quello che ci unisce è la convinzione di un bisogno di un cambio radicale della politica estera europea nei confronti dei Balcani.

All’inizio ci trovavamo online, tramite Google Meet, per discutere della necessità di questo cambio di approccio e per parlare di avvenimenti concreti della settimana passata. Poi abbiamo cominciato a pensare più seriamente a cosa avremmo potuto fare per aiutare il Kosovo e la Bosnia-Erzegovina, e abbiamo delineato una serie di obiettivi da raggiungere per entrambi i paesi. Nel caso del Kosovo, chiediamo ad esempio di rimuovere immediatamente le sanzioni che sono state imposte dalla Commissione europea a giugno; chiediamo di imporre invece sanzioni alla Serbia, che con il suo atteggiamento distruttivo sta mettendo in pericolo la stabilità di tutti i Balcani. Oltre ciò, insistiamo su una prospettiva seria e concreta per il Kosovo nell’Unione europea.

Per quanto riguarda la Bosnia-Erzegovina, il discorso è più complicato, ma cerchiamo comunque di supportare il paese e le persone che stanno cercando di portare avanti il progresso nella sua trasformazione democratica. Siamo a favore di una Bosnia-Erzegovina che, una volta implementate le riforme, potrà continuare nel suo percorso verso l’Unione europea il più velocemente possibile. E auspichiamo che l’approccio dell’Alto Rappresentante, che ha imposto delle modifiche alla legge elettorale la sera stessa delle elezioni, e che riteniamo negativo e sbagliato, possa cambiare. L’imposizione internazionale è un ritorno al passato del dopoguerra e un’interferenza in contrasto con il programma di riforme necessaria per la preparazione ad una futura adesione all’UE (infatti, la fine dell’OHR fa parte delle condizioni prioritarie della Commissione europea).

Le due petizioni che abbiamo elaborato hanno lo scopo principale di aumentare la conoscenza e l’interesse degli elettori europei per quanto riguarda il tema dei Balcani, ma anche di sottolineare gli errori dell’Unione europea nei confronti di questi due paesi. È importante cambiare approccio e ripartire da una modalità seria, basata su una diversa valutazione degli eventi che accadono nei paesi stessi.
Come gruppo abbiamo quindi deciso di cercare di fare qualcosa in prima persona per poter sostenere il Kosovo e la Bosnia-Erzegovina ad aumentare la loro voce in Unione europea. Per ora siamo riusciti ad ottenere qualche risultato: alcuni deputati hanno firmato le nostre petizioni, tante persone ci hanno contattato per capire meglio di cosa si tratta. Siamo ancora agli inizi, ma l’entusiasmo e la voglia di metterci in gioco a difesa del Kosovo e della Bosnia-Erzegovina sono alti.

Sappiamo che entrambi i paesi devono lavorare ancora molto per poter avere possibilità reali di avanzare nel percorso di integrazione europea, ma vogliamo cercare di cambiare la comunicazione e sconfiggere le fake news che vengono propagate, soprattutto dalla Serbia con aiuto della Russia. Pensiamo infatti che la disinformazione sui Balcani sia un problema serio, che può essere affrontato solamente con un cambio di rotta della strategia europea; cominciare a vedere nel concreto l’influenza negativa che la Serbia esercita su tutta la regione; cominciare a prendere provvedimenti contro quei paesi che non rispettano gli accordi presi; smettere di avere un approccio “neutrale” che in realtà neutrale non è, poiché non è equo, ma rafforza soltanto la parte più forte.
Solo cambiando approccio l’Unione europea riuscirà a dare una prospettiva seria e concreta ai paesi dei Balcani. E solo cambiando approccio l’Unione europea può riguadagnare credibilità e serietà nei loro confronti.

Oltre alle petizioni, e al contrasto della disinformazione, vogliamo cercare di far sentire la voce del Kosovo e della Bosnia-Erzegovina nei paesi membri dell’UE; è importante per noi dare un’immagine dettagliata di quello che succede; vogliamo farlo tramite l’organizzazione di eventi sui due paesi, in cui facciamo da testimoni raccontando direttamente le nostre impressioni ed i nostri vissuti.
Per questo è utile che siamo un gruppo molto eterogeneo: ci sono persone dal Kosovo, persone che appartengono alla diaspora kosovara, bosniaci, diaspora bosniaca, persone provenienti da diversi paesi europei.
Infatti, questa eterogeneità è una nostra forza: siamo in grado di capire le diversità e di ragionare con uno sguardo a 360 gradi. Sentiamo il bisogno di connettere queste realtà. Per questo abbiamo deciso di focalizzarci sul Kosovo e la Bosnia-Erzegovina: per quanto questi due paesi abbiano tante differenze, le cose in comune, che li legano, sono altrettante. Di fondo anche un recente passato doloroso e difficile.
Siamo molto fiduciosi nel lanciare questa iniziativa e speriamo che essa possa c questi due paesi a trovare le energie necessarie per proseguire nel loro percorso europeo.

 

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Nata a Trento, laureata in Scienze Politiche all’Universitá di Innsbruck, ho due master in Studi Europei (Freie Universität Berlin e College of Europe Natolin) con una specializzazione in Storia europea e una tesi di laurea sui crimini di guerra ed elaborazione del passato in Germania e in Bosnia ed Erzegovina. Sono appassionata dei Balcani e della Bosnia ed Erzegovina in particolare, dove ho vissuto sei mesi e anche imparato il bosniaco.