La visita
Il viaggio a Roma di Barkat, il ministro israeliano che sfida Netanyahu e dialoga con il governo Meloni e la Santa Sede
La visita in Italia del ministro israeliano dell’Economia ha un doppio obiettivo: parlare al governo Meloni e a quello pontificio nelle stesse ore. Al centro dell’incontro con Urso il processo di pace e la ricostruzione
Nir Barkat è a Roma. Il ministro israeliano dell’Economia, autorevole esponente del Likud, è un uomo d’azione che si misura con il risiko della politica. La sua visita in Italia ha un duplice scopo: parlare al governo italiano e a quello pontificio nella stessa manciata di ore. Vuole sfidare, par di capire tra le righe, la leadership di Benjamin Netanyahu, ormai alla fine. Una candidatura autorevole e popolare, in patria, ma una figura ancora da decifrare in Europa. Barkat è un militare di grande esperienza che però conosce le cancellerie, le banche centrali. E il “deep state” che conta, da Washington a Dubai, da Londra a Pechino. Non a caso, però, ha deciso di far partire proprio da Roma e dall’Italia questa sua corsa (smentita, certo, ufficialmente). Perché Gerusalemme ha pur sempre una gestione condivisa tra le tre grandi fedi religiose e la Santa Sede occupa un posto di prestigio per la sfera diplomatica israeliana.
Le sue prime parole però non sono di pace. Non nel senso auspicato oltretevere. «Saremmo dovuti entrare a Rafah tempo fa. La mia personale opinione, il mio consiglio al governo è stato di entrare a Rafah. E i termini dell’accordo cambieranno. Più aspettiamo, più i termini dell’intesa peggiorano. Quando è troppo, è troppo». E d’altronde, ha rivelato, «non è vero che il movimento islamista palestinese Hamas ha accettato l’accordo di cessate il fuoco nella Striscia di Gaza. È il solito trucco», ha detto ieri incontrandoci.
Hamas ribadisce invece di aver accettato la proposta di Egitto e Qatar dopo aver «ricevuto garanzie dagli Stati Uniti per arrivare a un cessate il fuoco permanente e al ritiro di Israele da Gaza al termine della terza e ultima fase dell’accordo». Sia come sia, a Roma le feluche si parlano. Nella mattinata di ieri Barkat era stato a far visita al ministro dello Sviluppo economico (e made in Italy) Adolfo Urso. Tra i due, al di là del comunicato ufficiale, che parla di «piena solidarietà per le terribili sofferenze causate da Hamas nel suo attacco criminale del 7 ottobre scorso», si è verosimilmente parlato anche di come l’Italia possa farsi parte di un futuribile processo di pace e di ricostruzione della striscia di Gaza e delle zone di confine. Durante la visita di Barkat a Roma, il presidente della Repubblica era a New York dove non ha potuto esimersi dall’entrare nel merito del conflitto in Medio Oriente e delle tante proteste che sta provocando anche in Italia. «La collaborazione tra atenei è importante per costruire ponti di dialogo e luoghi di libero dibattito», ha detto Sergio Mattarella, parlando ad un ricevimento con la comunità italiana organizzato a New York dal consolato generale e dall’ambasciata d’Italia a Washington. Oggi, ha aggiunto, questa collaborazione «viene messa in discussione, nel contesto di crescenti tensioni internazionali».
Le parole del capo dello Stato sono arrivate mentre negli Stati Uniti vanno avanti da più di due settimane proteste contro Israele e contro la guerra nella Striscia di Gaza, organizzate in numerosi atenei in tutto il Paese e che hanno già portato all’arresto di oltre duemila persone. Negli Stati Uniti si sta intanto diffondendo la voce che il presidente Joe Biden potrebbe annunciare in agosto un passo indietro per le elezioni di novembre. Fonti diplomatiche assicurano che «a Washington si sta lavorando a un annuncio importante tra due o tre mesi, il ritiro di Biden in favore della candidatura di Michelle Obama, sulla quale – complice l’effetto novità – convergerebbero i maggiori sponsor e i grandi elettori».
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