«I Trattati europei proteggono la diversità e la dignità di ogni singolo essere umano». Non si permetta dunque nessuno Stato, neppure il Vaticano, di ostacolare un disegno di legge come quello che porta la firma del deputato Pd Alessandro Zan che interviene contro l’omotransfobia. Perentoria, decisa, affatto disturbata dalla domanda, la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen fa quello che il protocollo aveva sperato di rinviare a oggi per non oscurare la cerimonia del via libera della Commissione Ue al Pnrr italiano.

La domanda, su un totale di quattro ammesse, è arrivata per ultima e in subordine. Quasi in punta di piedi per non sciupare il clima da “fabbrica dei sogni” allestito per l’occasione nel Teatro 10 di Cinecittà. Ma lo scoop del Corriere della Sera circa la richiesta dello Stato vaticano di “modificare” il ddl Zan non poteva in alcun modo essere relegata tra le “altre ed eventuali” di giornata. «Non commentiamo mai le bozze di legge – ha premesso von der Leyen – In generale però voglio enfatizzare che i Trattati europei sono molto chiari nell’articolo 2. Proteggono la diversità, la dignità di ogni singolo essere umano e la libertà di parola, tra altri valori. Proteggere e portare questi valori in equilibrio è un lavoro quotidiano per la Commissione». Il premier Draghi ha sottolineato «l’importanza della questione» e ha preferito rinviare a oggi una risposta più circostanziata. «Sarò tutto il giorno in Parlamento e sarà quella la sede e l’occasione per affrontare questo tema. Che è molto importante».

Di sicuro i procedimenti legislativi italiani non sono in alcun modo subordinati a patti concordatari tra Stati. Dunque quella del ministro degli Esteri di Papa Francesco è stata una inaccettabile invasione di campo in uno stato laico come l’Italia. Draghi dovrà trovare il modo oggi di denunciare questa incursione e rimettere le cose a posto. Consapevole anche del fatto che l’uscita del Vaticano è molto probabilmente strumentale a nascondere le profonde divisioni del mondo cattolico. La scudisciata al Vaticano per ora è arrivata da Bruxelles. Oggi si resta in attesa di misurare quella che arriverà dal presidente Draghi nella sede opportuna che è il Parlamento. Il dibattito scatenato sul ddl Zan dalla inopportuna presa di posizione del Vaticano non ha però coperto l’altro evento di giornata, la cerimonia a Cinecittà per il via libera ufficiale della Commissione Ue al Pnrr italiano. Un via libera che vale, come ha precisato Draghi, «24,9 miliardi, praticamente il valore di una finanziaria». Soldi che dovrebbero arrivare già entro luglio visto che la raccolta sul mercato, ha precisato von der Leyen, «è andata in questa prima tranche sette volte meglio del previsto».

Ursula von der Leyen sta facendo il tour delle capitali subito promosse. «Grazie Mario per avermi accolto qui a Cinecittà, tra la Dolce Vita e La Strada» ha sorriso. La cerimonia è stato un show gentile e raffinato di musica, suoni e immagini. Mentre i due presidenti parlavano e mostravano a favore di telecamere la cartellina gialla/blu con la bollinatura di Bruxelles, ai lati del Teatro 10 dove è stata allestita la sala per la conferenza stampa, sono rimaste fisse le immagini di una dolcissima Giulietta Masina e dell’ineffabile Geppy Gambardella in giacca gialla seduto ai piedi di una grande statua di marmo. La Strada e La Grande bellezza, il primo e l’ultimo Oscar vinto dall’Italia. È una giornata di orgoglio, ripartenza, responsabilità. «Siamo qui – ha precisato Draghi – perché questo è un luogo evocativo sotto tanti punti di vista». Non solo simbolo di eccellenze, artigianato, creatività e magia ma anche di ripartenza. Anche da qui, da questi studi cinematografici, ripartì l’Italia negli anni cinquanta. Gli anni d’oro della Hollywood sul Tevere. A Cinecittà, alla costruzione di nuovi studi, alla digitalizzazione e alla specializzazione delle maestranze, sono destinati 300 milioni nell’ambito dei circa sette miliardi della “missione cultura” del Pnrr.

Von der Leyen ha sottolineato che Next Generation Eu «è un’opportunità generazionale per investire nella forza dell’Italia, per fare dell’Italia un motore di crescita in tutta Europa». La Commissione ha dato pieno sostegno al piano italiano (tutte A, una sola B relativa ai costi perché la voce sarà valutata ogni sei mesi in base alla realizzazioni dei vari progetti). «C’è stata una cooperazione eccellente – ha insistito la Presidente della Commissione – e voglio davvero ringraziare Mario per il lavoro svolto dai nostri rispettivi team». Un piano definito «ambizioso», con «lo sguardo lungo» e riforme «cruciali» che aiuteranno a «costruire un futuro migliore» per «gli italiani e per l’Ue».

I complimenti si sprecano e gli aggettivi anche. E se von der Leyen ha elencato le riforme chiave che l’Italia deve fare – giustizia, pubblica amministrazione, leggi appalti, semplificazione della burocrazia ma anche digitalizzazione e ambiente – è toccato poi a Draghi riportare i piedi a terra, e ricordare che la sfida adesso è «spendere quei soldi, tutti, bene e con onestà». Una «responsabilità doppia», per gli italiani e per gli europei che «ci hanno messo i soldi delle loto tasse». Un’Italia più forte rende l’Europa più forte. Draghi lo sa perfettamente e sa che gli obiettivi vanno centrati, rigorosamente. Perché le tranche per rimettere in piedi l’economia falcidiata dal virus saranno sbloccate passo passo solo se l’Italia avrà fatto i compiti a casa. «La giornata di oggi è soltanto l’inizio – ha ribadito il presidente del Consiglio – la sfida ora è l’attuazione del piano, bisogna assicurarci che i fondi siano spesi tutti e soprattutto bene», nel segno «dell’onestà».

Un’Italia onesta, pronta a ripartire e votata al cambiamento. Guai se il Pnrr anziché volano di crescita si trasformasse solo in un annuncio come già successo negli anni con tanti fondi europei destinati all’Italia e mai spesi. Ma questa volta – ha promesso Draghi – ci sono due condizioni diverse e dirimenti: «La volontà politica» per cui ha ringraziato partiti, forze sociali e Parlamento; le «riforme già realizzate sul fronte della semplificazione e della pubblica amministrazione». È solo l’inizio, certamente. Il cronoprogramma è serrato: entro l’estate la legge sulla concorrenza, la riforma della giustizia («a giorni»), appalti e concessioni. Un programma impegnativo che oggi dovrà fare i conti con il grave passo falso del Vaticano sul ddl Zan.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.