Dal Pnrr alla riforma dei Trattati europei e della giustizia, passando per l’emergenza migranti e la partita del Campidoglio. E’ una intervista a tutto campo, e politicamente puntuta, quella concessa a Il Riformista da Emma Bonino, già ministra degli Esteri e Commissaria europea per le emergenze umanitarie, leader storica dei Radicali e oggi senatrice.

La stampa mainstream ha incensato il Piano nazionale di riprese e resilienza (Pnrr) presentato dal Governo. Ma sono davvero tutte rose e fiori?
Il Pnrr era una delle priorità assolute del governo Draghi, come aveva detto in Parlamento il presidente del Consiglio nel richiedere la fiducia. Credo che sarà difficilissimo. Tant’è, che in occasione del dibattito al Senato sulla fiducia, ebbi a dire noi saremo con Lei nella buona e nella cattiva sorte. Perché è ovvio che la “cattiva sorte”, era questo il senso di quella mia affermazione, arriverà ben presto e non saranno tutte rose e fiori. A partire, per esempio, dalle riforme necessarie. Mettere la mano sulla burocrazia piuttosto che sulla transizione ecologica, sono riforme mastodontiche che dovevamo fare da trent’anni e non ci abbiamo neanche provato seriamente. Ed è chiaro che non che arriva “Mago Draghi” che con la bacchetta magica risolve d’incanto tutto. E tutto è complicato dall’altra priorità che Draghi si era dato e ci aveva comunicato, che era la questione vaccini. Perché se non si controlla il virus, è impossibile riprendere una attività economica. Mi pare che sui vaccini andiamo un po’ meglio ma è anche evidente che le tensioni sociali cominciano ad esplodere. Nonostante le aperture europee, Draghi e noi con lui abbiamo di fronte un Everest da scalare d’inverno.

A proposito di montagne da scalare. La crisi pandemica, con le sue devastanti ricadute sociali, ha aumentato la faglia di genere.
Non è che l’ha aumentata, a mio avviso non l’ha curata abbastanza. Non è che siamo andati indietro, è che non siamo andati abbastanza avanti.

Su questo fronte, il Pnrr fa qualche passo in avanti?
Come ho detto al Senato, dopo tutto questo dibattito sul genere, sulle donne, sulla disoccupazione femminile, mi sarei aspettata di più. Mi ero augurata che i limiti del Pnrr fossero un po’ attutiti dal nuovo piano da 30 miliardi che stanno mettendo a punto, pescando da lì. Ora non so se avverrà o no, ma secondo me sulla questione femminile non è che ci sia stata la politica del gambero, certo è che non abbiamo fatto il balzo in avanti necessario.

Una riforma di cui si ha timore di parlare e ancor più di esporsi, è la riforma della giustizia, altro capitolo del Pnrr. Non è solo questione di fondi, ma di visione. Quella di Draghi e della ministra Cartabia, è la visione giusta?
Intanto bisognerà vedere i temi di questa riforma. È chiaro che la mala giustizia nel nostro Paese è un problema endemico, basta ricordare il caso Tortora. E che i problemi sono sempre gli stessi e tutt’ora irrisolti: l’obbligatorietà dell’azione penale, la separazione delle carriere, la responsabilità civile dei magistrati. Tutto si è aggravato come dimostrano i casi Amara, Palamara etc. La riforma del Csm ce la impone la cronaca, se non fosse altro. Rispetto al precedente Governo, caratterizzato da un populismo penale, a me sembra che la signora ministra, per esempio sul carcere abbia una visione fortunatamente diversa. So che ha incontrato anche i Radicali, e quindi adesso aspettiamo di vedere cosa ne verrà fuori. A mio avviso non è solo questione di informatizzare questo o quell’ufficio. Vi sono problemi di fondo che nessuno ha mai affrontato né risolto. Noi ci avevamo provato con i referendum, peraltro vinti, e che sono poi traditi dal Parlamento.

Un altro tema molto caldo è quello degli sbarchi di migranti. È una tragedia continua. Di fronte alla quale, Salvini torna all’attacco chiedendo una cabina di regia governativa, e la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, torna a invocare un blocco navale al largo della Libia.
Il blocco navale, checché ne pensi Giorgia Meloni, come sta scritto nei documenti delle Nazioni Unite è un atto di guerra. Né può essere selettivo. Se tu fai un blocco navale, blocchi tutto: le petroliere, come i barconi dei migranti. Non è che puoi fare un blocco navale selettivo. Finché non riusciamo a cambiare i Trattati di Dublino, e qui arriviamo direttamente nel merito della nuova Conferenza che si è aperta domenica.

Vale a dire?
O si cambiano i Trattati oppure questa Europa non fa un passo in avanti, in politica estera, sulla difesa, sui migranti. E anche sulla salute. Se però il punto di partenza è che non si toccano i Trattati, io sono davvero molto preoccupata. Perché faremo pure una consultazione con i giovani e i non giovani per tutto l’anno, ma poi se si arriva alla conclusione che i Trattati non si toccano, c’è da chiedersi che cosa abbiamo chiacchierato a fare. L’Europa della salute, ripete Macron. A me fa piacere, ovviamente. Rimane il fatto che a Trattati esistenti, l’Europa della salute non è possibile. Sono molto preoccupata della piega che sta prendendo la Conferenza e penso che dovremmo lavorare molto per rimetterla sui binari giusti. Non è che si può scendere dal treno, che è già partito. Non dico questo, dico però che ci sarà molto da lavorare. Può darsi che su questo l’Italia riesca ad avere un ruolo importante, tra l’uscita della Merkel e Macron che sarà molto preso dalla sua campagna elettorale, per rimettere sui giusti binari il futuro dell’Europa. Chi vorrà l’Europa a due velocità, chi no… Il tema istituzionale che non è compreso nei 9 punti di discussione, non a caso, è per me il tema più importante.

A proposito di riformismi forti. Non è che l’Europa farebbe bene ad andare a lezione da Joe Biden?
Io credo innanzitutto che l’Europa, e l’Italia che però l’ha fatto con la sterzata chiarissima di Draghi – siamo europeisti e atlantisti -, non è che debba prendere lezioni ma certamente deve cooperare molto strettamente con gli Stati Uniti, perché i nostri “avversari” stanno dall’altra parte. Questo dimostra ciò che siamo andati dicendo per anni, inutilmente, e cioè che ogni Paese europeo da solo non ha le leve per negoziare alcunché con chiunque. Solo una Europa più unità può avere qualche speranza di negoziato, in alleanza, che non vuol dire in subordine, con gli Stati Uniti. Ma per diventare più forte e più coesa, l’Europa non può guardare indietro. E guardare avanti significa non solo modificare alcuni articoli dei Trattati ma soprattutto superare il veto. Perché il veto è l’opposto della democrazia. Perché basta un Paese per bloccare tutto. E quindi rimangono tutti i temi da affrontare: la democrazia interna, cosa si fa con quei Paesi che prendono l’Europa semplicemente come un bancomat…Questi sono tutti nodi che stanno venendo al pettine e che portano automaticamente, a mio avviso, ad un aggiornamento profondo del Trattato di Lisbona. Io non sono solo europeista, sono federalista. E non sto predicando un grande Stato europeo, ma sto rimarcando la necessità, vitale per il futuro dell’Europa, di mettere in comune alcune altre competenze che lasciate agli interessi dei singoli Stati membri, fanno sì che la “macchina” europea non funzioni.

Da Bruxelles a Roma. Dall’Europa che o si riforma o perisce, alla partita per il prossimo sindaco della Capitale. È davvero in gioco l’alleanza strategica Pd-5Stelle?
A parte il fatto che io non sono mai stata una fan dell’alleanza strategica Pd-5Stelle. Ho sempre pensato che invece il Pd dovesse guardare con più attenzione al centro liberale. È evidente che ognuno attribuisce, giustamente, alla Capitale un significato non solo simbolico ma molto importante sul piano politico, anche nazionale. La Raggi ha detto e ripetuto sin dall’inizio e in ogni dove che si sarebbe ricandidata, e adesso vedo con l’appoggio di Conte, mentre il Pd è sei mesi che si tortura sul suo prossimo candidato. Quello che è sicuro è che mettendo insieme riforme mai fatte, la bufera del Covid, l’arrivo di Draghi, questo combinato disposto ha mandato in subbuglio tutti i partiti. Dai più grandi ai più piccoli. Anche a destra mi sembra che si siano create crepe profonde, anche se più governate almeno all’apparenza, tra Salvini, Meloni e Forza Italia. È tutto il sistema politico in ebollizione. E meno male che Draghi poco se ne occupa e molto si occupa del Next Generation Eu cercando di portare a casa per bene questo progetto che è l’unica opzione che abbiamo. Peraltro lui aveva detto con molta chiarezza che dalle priorità di Governo, almeno in questi frangenti, rimangono fuori tutte le questioni sui diritti civili. Ma questo può anche essere una responsabilità per l’opinione pubblica e del Parlamento. Quest’ultimo non è che deve solo fare le bucce al Governo. Il Parlamento ha una capacità propositiva, data dalla Costituzione, che potrebbe ampiamente usare. Invece è bloccato sulla legge Zan, non si parla di “Ero Straniero”, di eutanasia non se ne parla proprio, così come della legalizzazione della cannabis…Tutti temi che sono fuori dall’agenda del Governo ma potrebbero molto bene essere nell’agenda parlamentare.

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Esperto di Medio Oriente e Islam segue da un quarto di secolo la politica estera italiana e in particolare tutte le vicende riguardanti il Medio Oriente.