Inopportuna: così l’ex primo cittadino napoletano Luigi de Magistris ha definito la presenza di Stanislao Lanzotti, fino a qualche settimana fa consigliere comunale di Forza Italia, all’interno della maggioranza che sostiene il nuovo sindaco Gaetano Manfredi. Il motivo? Lanzotti, artefice della lista Azzurri-Noi Sud-Napoli Viva che alle ultime comunali ha ottenuto il 5,44% portando due esponenti in Consiglio comunale, è stato recentemente rinviato a giudizio per un (presunto) voto di scambio commesso nel 2016. Avete capito bene: non si parla di una condanna in primo né in secondo grado né pronunciata dalla Cassazione. Di definitivo non c’è nulla, ma per de Magistris i «fatti inquietanti e gravi» rivelati nelle «carte delle indagini» bastano a rendere inopportuno il sostegno di Lanzotti a Manfredi e a mettere in imbarazzo il nuovo inquilino di Palazzo San Giacomo che «non poteva non sapere» della vicenda giudiziaria.

È finita qui? Nemmeno per sogno. Già, perché Dema, che ieri ha avviato il percorso per la costituzione di un nuovo movimento politico, ha pensato bene di “condire” il suo attacco a Lanzotti e a Manfredi con un’improbabile lezione di garantismo. «Sono sempre stato garantista e la presunzione d’innocenza vale per tutti, anche per Lanzotti, fino a sentenza definitiva», ha detto l’ex pm che in passato è stato più volte criticato per i metodi con i quali conduceva le indagini. Qui scatta la prima contraddizione: se tutti sono da considerare innocenti fino a quando non intervenga una sentenza definitiva che accerti la colpevolezza, perché mai la presenza di Lanzotti nella maggioranza di Manfredi (osservazione peraltro inesatta, visto che l’ex esponente di Forza Italia non si è ricandidato e dunque non siede nel nuovo Consiglio comunale) dovrebbe essere inopportuna?

De Magistris, inoltre, dimostra di essere un po’ smemorato. O, quanto meno, di avere una memoria – per così dire – troppo “selettiva”. Nel bollare come inopportuno l’impegno di Lanzotti a favore di Manfredi, infatti, l’ex sindaco dimentica quanti esponenti politici sono rimasti (legittimamente, per carità!) in Consiglio comunale anche dopo essere stati coinvolti in inchieste giudiziarie. In alcuni casi è stato proprio de Magistris a beneficiare dell’appoggio di quegli stessi consiglieri. Un esempio? Anna Ulleto, coinvolta in un’indagine per voto di scambio: eletta nei ranghi del Partito democratico nel 2016 ma autosospesasi già prima del ballottaggio, a dicembre scorso il suo voto è risultato decisivo perché l’amministrazione de Magistris potesse approvare il bilancio e scongiurare il commissariamento a pochi mesi dalla scadenza della consiliatura. Di tutto ciò l’ex sindaco non fa parola.

Così come non fa parola dei guai giudiziari che alcuni suoi fedelissimi e lui stesso (prima condannato e poi assolto per abuso d’ufficio) hanno dovuto affrontare nel corso degli anni. Questo per dire che il garantismo non può essere applicato agli amici e dimenticato per gli avversari, come accaduto nella stragrande maggioranza dei casi da Tangentopoli a oggi, oppure utilizzato come una “maschera” dietro la quale celare il solito giustizialismo a fini politici, come Dema ha fatto con Lanzotti. Sul garantismo non si gioca. E, nel caso di qualche ex pm e sindaco, è meglio non dare lezioni.

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Classe 1987, giornalista professionista, ha cominciato a collaborare con diverse testate giornalistiche quando ancora era iscritto alla facoltà di Giurisprudenza dell'università Federico II di Napoli dove si è successivamente laureato. Per undici anni corrispondente del Mattino dalla penisola sorrentina, ha lavorato anche come addetto stampa e social media manager prima di cominciare, nel 2019, la sua esperienza al Riformista.