Imputati e indagati sono «rifiuti». E le liste che li accolgono, di conseguenza, non possono che essere «discariche». Chi può averlo detto? A leggere certe parole, viene da pensare immediatamente a uno tra Beppe Grillo e Marco Travaglio. Oppure a Francesco Emilio Borrelli, se ci si concentra sulla realtà locale. E invece no. La paternità di certe affermazioni spetta a Fulvio Martusciello, eurodeputato coordinatore napoletano di Forza Italia. Sembra incredibile, ma è proprio così: un autorevole esponente di uno dei partiti storicamente più garantisti del panorama politico italiano, il cui fondatore e presidente è stato coinvolto in decine di inchieste e processi, equipara indagati e imputati alla spazzatura.

Martusciello commenta così le voci che vorrebbero Stanislao Lanzotti, consigliere comunale di Forza Italia, pronto a formare una lista a sostegno di Gaetano Manfredi, candidato sindaco del centrosinistra, in vista delle prossime comunali napoletane. «Comunicammo a coloro che oggi vanno con Manfredi – fa sapere Martusciello in una nota – che non sarebbero stati candidati con noi a causa delle loro vicende giudiziarie. Li mettemmo da parte perché francamente ci imbarazzava la loro presenza. Immaginavamo che avrebbero per decenza saltato un turno. Invece la lista discarica, dove finiscono tutti i rifiuti, li accoglie». Il riferimento è al coinvolgimento di Lanzotti nell’inchiesta, condotta dalla Procura di Napoli, sul presunto voto di scambio in occasione delle comunali del 2016. Eppure il consigliere comunale non è stato nemmeno rinviato a giudizio: sulla richiesta avanzata in tal senso dai pm, il gip Giovanni Vinciguerra si pronuncerà tra pochi giorni. Le parole di Martusciello dimostrano la torsione giustizialista di cui ampi settori del centrodestra sono protagonisti. E, a proposito, le perplessità non mancano.

La prima: la presunzione di innocenza impone di considerare tutti non colpevoli fino a sentenza definitiva. Ragion per cui sarebbe stato comprensibile se i vertici di Fi avessero contestato a Lanzotti l’appoggio al candidato di centrosinistra; molto meno comprensibile è che un berlusconiano della prima ora come Martusciello, al quale va riconosciuta un’indiscutibile coerenza politica, critichi un compagno di partito per le pendenze che hanno con la giustizia.

La seconda perplessità riguarda il momento: pur accettando (e chi è garantista non può accettarlo) il principio per il quale indagati e imputati sono «rifiuti» e non vanno candidati, perché i vertici di Forza Italia hanno atteso la campagna elettorale per prenderne le distanze in modo così netto? Questa tempistica dà a certe affermazioni un sapore strumentale, tanto più se si pensa che Lanzotti ha più volte ribadito di non volersi ricandidare al Consiglio comunale «per non assecondare la deriva giustizialista di Fi e non morire leghista».

Terza perplessità: le questioni sui valori vanno sollevate nei confronti non solo di quelli che sono ormai ex alleati, ma anche di quelli che lo sono attualmente. Giustizialismo o garantismo (chi scrive preferisce il secondo) non possono essere applicati “a corrente alternata” o, peggio ancora, ad personam o contra personam. Insomma, bisogna ragionare e agire da forcaioli o da garantisti sempre. Oppure è meglio evitare. Altrimenti si finisce per passare dal garantismo all’opportunismo prima ancora che del giustizialismo. E di questo, francamente, non si avverte il bisogno.

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Classe 1987, giornalista professionista, ha cominciato a collaborare con diverse testate giornalistiche quando ancora era iscritto alla facoltà di Giurisprudenza dell'università Federico II di Napoli dove si è successivamente laureato. Per undici anni corrispondente del Mattino dalla penisola sorrentina, ha lavorato anche come addetto stampa e social media manager prima di cominciare, nel 2019, la sua esperienza al Riformista.