C’era da aspettarselo. Reduce da un lungo braccio di ferro con Renato Brunetta sul concorso Ripam, Vincenzo De Luca non ha perso l’occasione per rendere pan per focaccia al ministro per la Pubblica amministrazione e a quegli intellettuali che nelle scorse settimane avevano osato criticarlo. E così, nel suo consueto videomessaggio del venerdì, il presidente della Campania ha sottolineato il flop del concorso per il Sud, bandito dal governo Draghi per collocare 2mila e 800 giovani nelle amministrazioni del Mezzogiorno.

Alle selezioni, infatti, l’affluenza è stata piuttosto scarsa e non è andata, su base nazionale, oltre il 65%, mentre in alcune regioni i candidati presenti a stento hanno raggiunto la metà dei convocati. La circostanza ha costretto il Ministero a invitare, per la prova scritta del 22 giugno, le altre 70mila persone che avevano presentato la domanda di partecipazione e per le quali la valutazione dei titoli si era già conclusa. Tanto è bastato perché De Luca puntasse il dito, più che contro il ministro Brunetta, contro il costituzionalista Sabino Cassese, “reo” di aver detto «cose scriteriate e volgari» sul concorso Ripam bandito dalla Campania e di non essersi espresso sulla riammissione dei candidati nel concorso per il Sud.

L’ex presidente della Consulta aveva ricordato la necessità di valorizzare il merito e di rispettare l’articolo 97 della Costituzione a De Luca, che invece chiedeva di escludere la prova scritta per 1.800 giovani che avevano superato i primi test e seguito un periodo di tirocinio nell’ambito del concorso Ripam. Ma non finisce qui. Sempre nel corso del videomessaggio di ieri, il presidente campano ha commentato le tabelle dell’Inps che evidenziano come in Campania ci sia un numero di percettori di reddito e pensione di cittadinanza pari a quelli dell’intero Nord Italia. «Va fatta pulizia dei truffatori che prendono soldi dallo Stato senza averne titolo – ha detto De Luca – e va legato il sussidio alla disponibilità del beneficiario a lavorare».

Messe insieme, la polemica sui concorsi per la Pubblica amministrazione e quella sul reddito di cittadinanza fanno capire come certe illusioni semplificatorie e il ricorso a misure assistenzialiste siano destinati a crollare davanti a un realtà complessa, caratterizzata da procedure spesso irrazionali e da un insufficiente collegamento tra formazione e occupazione. Perciò le politiche attive del lavoro necessitano di una messa a punto che, più concretamente, dovrebbe tradursi in uno sforzo corale volto a definire strategie che garantiscano rapidità, razionalità ed efficacia nell’inserimento dei giovani nel mercato. C’è da mettere le imprese in condizione di assumere, magari tagliando il costo del lavoro. C’è da ridurre la forza lavoro assistenziata, evitando che i i giovani si accontentino del reddito di cittadinanza anziché puntare a un’occupazione dignitosamente retribuita.

C’è da rivitalizzare un sistema produttivo travolto dal Covid e dalle conseguenti misure restrittive. Si tratta di materie in cui la competenza spetta in parte allo Stato e in parte alle Regioni, ma sarebbe opportuno che su un tema così strategico intervenissero anche i candidati sindaci di una città martoriata dalla disoccupazione come Napoli, dove pure il lavoro nero dilaga. È anche dalla capacità di contribuire in maniera costruttiva al dibattito su certi temi, dopo tutto, che si misura la qualità di un aspirante primo cittadino.

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Classe 1987, giornalista professionista, ha cominciato a collaborare con diverse testate giornalistiche quando ancora era iscritto alla facoltà di Giurisprudenza dell'università Federico II di Napoli dove si è successivamente laureato. Per undici anni corrispondente del Mattino dalla penisola sorrentina, ha lavorato anche come addetto stampa e social media manager prima di cominciare, nel 2019, la sua esperienza al Riformista.