Parte oggi il Women20, l’appuntamento internazionale nato dal processo di dialogo del G20 con l’obiettivo di ridurre il divario occupazionale di genere e il gender pay gap, contrastare gli stereotipi di genere e la violenza sulle donne, tutelare le bambine del mondo e consentire a tutti l’accesso ai vaccini.

Questi i temi al centro del Summit2021, in programma fino al 15 luglio, al tempio di Adriano di Roma, durante il quale Linda Laura Sabbadini, chair del W20 e direttrice Istat, si rivolgerà a un centinaio di delegate da tutto il mondo per stilare una road map per l’uguaglianza di genere.

“Rappresentiamo il 50% della popolazione, non siamo una minoranza”, aveva detto Sabbadini lo scorso 6 luglio in occasione della presentazione dell’appuntamento alla Camera dei Deputati, puntando sugli investimenti del Pnrr per la parità di genere, considerati “residuali” dalla chair del W20.

Nella tre giorni, il Summit si concentrerà sull’obiettivo di ridurre il divario occupazionale di genere del 25% entro il 2025, rivolgendo un appello ai big del G20 che si incontreranno a Roma a fine ottobre.

Necessari 135 anni per colmare il divario di genere globale

La pandemia ha segnato un duro colpo all’economia mondiale, aggravando la condizione sociale ed economica delle donne. Sono proprio queste ultime ad aver pagato maggiormente il prezzo economico causato dal lockdown imposto per contrastare la pandemia di coronavirus. L’isolamento e le misure restrittive hanno avuto, come estrema conseguenza, un mancata partecipazione scolastica da parte dei bambini e delle bambine e una maggiore perdita del lavoro per le donne; inoltre, durante il periodo del lockdown sono aumentati i casi di violenza sulle donne nei contesti familiari.

Le statistiche internazionali non lasciano spazio ad ambiguità. Secondo il World Economic Forum ci vorranno 135,6 anni per colmare il divario di genere globale. Le donne sono le più vulnerabili nel perdere il lavoro e nel subire cali più marcati del reddito. Gli ultimi dati italiani dell’Istat fotografano una situazione difficile per le lavoratrici: sui 101mila posti di lavoro persi in Italia a dicembre 2020, 99mila riguardavano le donne. Ma è solo una cifra residuale se comparata ai dati di tutto il 2020. Solo lo scorso anno, nonostante il blocco dei licenziamenti, su 444mila posti di lavoro saltati, 312mila riguardavano le donne. Le lavoratrici sono state le più colpite durante la pandemia, poiché maggiormente occupate nei servizi con contratti precari e privi di tutele.

Non va meglio per chi occupa una posizione in ambito politico e imprenditoriale. Nel suo Gender Gap Report 2021, il Wef ha stimato che in 156 Paesi del mondo, le donne rappresentano solo il 26,1% dei parlamentari e solo il 22,6% di oltre 3.400 ministri nel mondo. Non va meglio nelle realtà del management: solo il 27% dei manager di tutto il mondo è donna.