“Era una canzone nata dalla sbornia di ottimismo probabilmente ingenuo degli Anni Ottanta, che veniva dopo la grande illusione del sogno di poter cambiare il mondo o almeno il sistema che metteva al centro la merce, il profitto, il consumismo, la pubblicità, invece che l’uomo”. Il 3 febbraio 2023 Vita Spericolata compie 40 anni. Era il 1983 quando il rocker di Zocca salì sul palco del teatro Ariston di Sanremo e intonò quello che è diventato un inno alla vita movimentata, selvatica, randagia, da film, anche eccesiva, estrema.

Rossi ha celebrato l’anniversario alla vigilia con un’intervista a La Stampa, il quotidiano che ricorda come “quelli che gli somigliavano – va detto – non si accorsero subito di lui”. L’anno prima Rossi aveva partecipato al Festival con Vado al massimo. E già aveva colpito, arrivando ultimo. Rossi racconta che il patròn del Festival Ravera gli disse che doveva tornare. “E io: guarda che son venuto a febbraio e ho fatto il matto perché volevo farmi notare. Non posso tornare a fare il matto, perché dopo dovrei andare a lavorare in un circo. Continuavo a rifiutare, ma a settembre magicamente, dopo molto tempo a lavorarci, venne fuori il testo per la bellissima musica di Tullio Ferro.

Mi nacque la frase ‘Voglio una vita spericolata’ e poi tutto il resto: per me, quando arriva una canzone così, poi può anche finire lì la carriera. E ho pensato: ‘Questa qui la voglio cantare a Sanremo, cantare ‘voglio una vita maleducata’: era uno sberleffo a tutta la platea a quei tempi molto ingessata e anche a quelli che guardavano da casa. Una canzone che meritava”.

Con Vita Spericolata passa alla storia quell’esibizione culminata con il cantante che prende il microfono, se lo mette in tasca, con il playback che continua a cantare quando cade a terra. “Ma poi: chi non vuole una vita spericolata a 30 anni? Una vita piena di avventura … è una delle canzoni più fraintese della storia dell’umanità, è un inno alla vita vissuta spericolatamente, nel senso di intensamente”.

Vita Spericolata a Sanremo arrivò 25esima, davanti a Cieli azzurri di Pupo, ultimo. “Quelli come me non aspettavano Sanremo per sentire musica nuova, noi ascoltavamo tutt’altro. Il Festival si guardava per i cantanti classici, per vedere l’ultimo look di Romina, Gianni Morandi che ricominciava, le giurie. Oggi le canzoni si ascoltano 4 o 5 volte durante tutta la settimana, hai tempo di apprezzare la qualità oltre la semplicità e basta, chi vota è un po’ più giovane, e cominciano a vincere quelli che hanno le canzoni più forti”.

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Giornalista professionista. Ha frequentato studiato e si è laureato in lingue. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Ha collaborato con l’agenzia di stampa AdnKronos. Ha scritto di sport, cultura, spettacoli.