Il commento
Accordi matrimoniali sempre più utilizzati, ma manca una norma ad-hoc

Gli “accordi prematrimoniali”, molto diffusi nei paesi anglosassoni, sono dei contratti volti a disciplinare, prima del matrimonio, le conseguenze personali e patrimoniali derivanti dalla separazione o dal divorzio a carico dei nubendi e della eventuale prole. La finalità è quella di regolare i reciproci diritti ed obblighi tra i coniugi, per il caso di crisi del rapporto coniugale e conseguente suo scioglimento, in un momento precedente, caratterizzato invece dall’assenza di conflittualità.
Sebbene l’utilità di siffatti accordi sia evidente e una parte della dottrina ne riconosca la legittimità giuridica, assimilandoli alle convenzioni matrimoniali con cui i coniugi possono scegliere il regime patrimoniale (comunione o separazione) a cui sottoporre i propri beni, nel nostro ordinamento manca una norma ad hoc che li riconosca e ne disciplini il contenuto e l’orientamento giurisprudenziale maggioritario si è sempre espresso nel senso di una loro inammissibilità.
Si è ritenuto che un suddetto patto sarebbe addirittura nullo perché caratterizzato da una causa illecita e da un oggetto impossibile, in quanto diretto a negoziare, attraverso la previsione di diritti ed obblighi reciproci tra i nubendi, lo status coniugalis, che è invece indisponibile. Dette argomentazioni appaiono quanto meno discutibili, laddove si consideri che all’autonomia negoziale dei coniugi alcune scelte sono già consentite. Si pensi appunto alle convenzioni matrimoniali con cui i coniugi -all’atto del matrimonio o durante lo stesso- possono scegliere tra il regime della comunione e quello della separazione dei beni o costituire un fondo patrimoniale, sottoponendo alcuni beni, di proprietà di entrambi o di uno solo di essi, a particolari regole in ordine alla loro amministrazione, opponibili anche ai terzi.
In questa stessa ottica, ai coniugi in procinto di separarsi o divorziare, è consentito adottare accordi a carattere negoziale, volti a disciplinare diritti e doveri reciproci e nei confronti dei figli, in conseguenza della separazione o del divorzio. Accordi che, a seguito del controllo di legittimità svolto dal Tribunale in sede di omologa, sono ritenuti strumenti idonei a sancire le nuove regole che disciplineranno, a seguito dello scioglimento del matrimonio, la vita dei quella famiglia che con il matrimonio era nata. Per quale motivo dunque, non consentire ai nubendi di stabilire, già prima delle nozze ed in vista delle stesse, quali regole disciplineranno i rapporti tra di loro e verso i figli nell’eventualità dello scioglimento del matrimonio? Si tratterebbe di riconoscere in un momento antecedente delle facoltà che -in parte- sono già loro riconosciute dopo l’instaurarsi del rapporto di coniugio o al momento del suo scioglimento.
La liceità di simili pattuizioni e la meritevolezza degli interessi tutelati, anche nell’ottica di proteggere eventuali figli minori o il coniuge più debole, potrebbe essere garantita comunque attraverso il controllo di legalità svolto dai giudici in sede di omologa, analogamente a quanto avviene oggi per sancire l’efficacia degli accordi di separazione consensuale o di divorzio.
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