La scomparsa di Maria Fida Moro ha colpito al cuore la politica e chi ha a cuore la storia. La primogenita dell’ex presidente del Consiglio e leader della Democrazia Cristiana Aldo Moro, ucciso dalle Brigate Rosse il 9 maggio del 1978, aveva 77 anni ed era ricoverata in una clinica di Roma. In passato aveva subito tre pre-infarti e già sofferto di alcuni tumori con varie ricadute. La ricerca della verità sul mistero più fitto della storia italiana, il sequestro Moro, l’aveva accompagnata negli ultimi quarantacinque anni. Sempre attenta alle questioni politiche e sociali, nel 2016 si è candidata al Comune di Roma come capolista di ‘Più Roma – Democratici e Popolari’ sostenendo la candidatura a sindaco di Roberto Giachetti. Gran parte della sua vita è stata dedicata alla ricerca delle verità, a suo parere nascoste, sull’uccisione del padre e per questo ha fondato l’Associazione Radicale “Sete di verità”. Nel 2013 insieme al figlio Luca ha fondato il movimento cristiano sociale “Dimensione Cristiana con Moro”, ispirato alla politica dello statista democristiano.

Gli spunti

Il dramma dell’uccisione di Moro traumatizzò il Paese, figuriamoci la famiglia. Con Maria Fida che ha dato voce pubblicamente alle accuse ai dirigenti Dc per la mancata trattativa con le Br, specificamente a Francesco Cossiga. Nei giorni scorsi la figlia di quest’ultimo ha raccontato come il padre rivolgesse a sé stesso un’accusa amara, scorata: “L’ho ucciso io”, ripeteva. Agnese preferì seguire la strada della “riconciliazione”, anche incontrando le donne e gli uomini delle Br, a cui invece Maria Fida rimproverava di non aver mai raccontato la verità. Particolarmente insistenti i suoi interventi su elementi precisi nell’ultima commissione di inchiesta, quella a guida di Beppe Fioroni tra il 2015 e il 2018. Le importanti novità emerse nella relazione finale, devono anche a lei una serie di spunti, come la presenza a via Fani di auto non appartenenti alle Br. Tra i tanti misteri di quella pagina di storia, ce n’è uno che riguarda proprio Maria Fida Moro, alle prese con un male che si è trascinata per decenni. “Doveva fare un intervento, una cosa importante, in quella primavera del 1978”, rivela al Riformista il giornalista Giampiero Guadagni, biografo di Francesco Cossiga. “Stranamente, alcuni giorni prima ricevette una telefonata dal policlinico Gemelli che le fissava intervento e ricovero per l’8 e il 9 maggio. Tenendola bloccata in ospedale nel momento in cui, come poi è stato noto a tutti, Moro veniva esfiltrato dal covo delle Br per essere ritrovato, cadavere, in quella maledetta Renault 4”. Su cosa accadde realmente e su quali tentativi vennero fatti in quei giorni, la parola fine non può essere scritta.

L’impegno nel ricercare la verità

“Va dato atto a Maria Fida dell’impegno con cui ha perseguito la verità”, sottolinea Pierferdinando Casini. I dubbi sulla versione formale della storia emergono carsicamente da questo o quel testimone. “Maria Fida era certamente scettica sulla ricostruzione ufficiale. E faceva bene ad esserlo. È certo che la vicenda è molto più complessa di come è stata presentata”, rincara Claudio Signorile, allora vicesegretario del Psi di Bettino Craxi. Riepiloga così l’ex senatore Roberto Di Giovan Paolo, esponente della sinistra democristiana: “La verità la conosce Mario Moretti. Che i figli di Moro fossero scettici, Maria Fida più degli altri, è pacifico. Nessuno sa dire se davvero Moretti ha gestito l’ultima parte del sequestro, o se lo ha fatto per conto terzi. Maria Fida ha sempre detto che c’era molto da indagare, ma i suoi dubbi rimangono tali, appare evidente che si arriverà a fatica a sapere davvero come andarono i fatti”. “Portò avanti la sua ricerca della verità sempre con grande coraggio e grande dignità”, ricorda Beppe Fioroni, che della commissione d’inchiesta sul caso Moro fu presidente. Il senatore Enrico Borghi, capogruppo di Italia Viva al Senato, ai tempi era nella Dc: “Maria Fida ha battagliato per una vita, con tratti talvolta intransigenti, per tenere nel dibattito politico e culturale italiano la straordinaria lezione di suo padre, Aldo Moro. Ora, per chi crede, lo riabbraccia nell’infinità. E ci piace pensare che lo faccia nella luce, perché -come scrisse il padre- sarebbe bellissimo”.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.