Nonostante l’annata funesta per il teatro, tra i settori più duramente colpiti dalle limitazioni scaturite dall’emergenza Covid, l’edizione 2020 del Napoli Teatro Festival non ha mancato di offrire al pubblico spettacoli di qualità, selezionati tra le proposte drammaturgiche più interessanti del panorama teatrale nazionale e internazionale contemporaneo. Tra i vari testi messi in scena, grande il successo di pubblico e di critica riscosso da “Il Colloquio”, che il 12 luglio , nell’incantevole scenario del giardino romantico di Palazzo Reale, ha raccontato con lucida ironia il dramma del carcere, scegliendo un punto di vista originale e coraggioso. Abbiamo incontrato parte della compagnia nei suggestivi spazi della sala “Coffee Brecht” di Napoli, dove il cast ha tenuto le prove dello spettacolo durante il lockdown.

“Il colloquio accoglie e rilancia il punto di vista dei parenti dei detenuti”, ci racconta il giovane regista Eduardo Di Pietro: “l’idea dello spettacolo prende le mosse da un fatto di cronaca di cui sono venuto a conoscenza qualche tempo fa grazie ad un documentario di Gaetano Di Vaio e cioè il sistema di accesso al carcere di Poggioreale che fino a qualche anno fa richiedeva un grande sforzo un grande sacrificio da parte dei parenti dei detenuti, quasi sempre donne, che per poter accedere al colloquio settimanale erano costrette molte ore prima a fare la fila all’esterno del carcere per poter poi pian piano entrare, esposte alle intemperie e senza alcun tipo di tutela, in un contesto dove spesso si verificavano tafferugli dove la tensione era forte la sofferenza era tangibile”. Sulla scena, tre attori interpretano altrettante mogli dei detenuti del carcere di Poggioreale, assurto ad emblema delle carceri di tutto il mondo. Assistiamo quindi alle tante piccole e grandi difficoltà che queste signore devono affrontare quotidianamente, dai farraginosi e tragicomici protocolli per introdurre oggetti da recapitare all’interno, al dolore per l’insensibilità con cui talvolta le istituzioni ostacolano la comunicazione tra il “dentro” e il “fuori”. La scelta di far interpretare dei ruoli femminili a 3 bravi attori, Renato Bisogni, Alessandro Errico e Marco Montecatino, risponde all’esigenza di sottolineare quanto la vita di queste donne battagliere venga in vari modi condizionata e assorbita dalla condizione dei loro parenti in cella, e quanto la dura battaglia per riuscire a conservare legami umani autentici finisca per condizionare ogni ambito della loro quotidianità, fino a modificarle nella carne e nello spirito, in un gioco di specchi e di rimandi in cui mentre la vita cerca di entrare nelle celle, è piuttosto la dimensione carceraria a contaminare le esistenze monche delle famiglie separate dai propri cari.

Una riflessione sul malfunzionamento e sulle criticità dei meccanismi detentivi che non risparmia critiche feroci, senza però rinunciare ai registri dell’ironia e della leggerezza. “Il colloquio”, prodotto dal Teatro Bellini e dalla Fondazione teatro di Napoli, è anche e soprattutto un’incursione in storie di femminilità violate e adombrate dall’onta e dalle difficoltà di un sistema detentivo che finisce per far sentire in cella anche chi ne resta apparentemente fuori. L’apporto femminile allo spettacolo non manca, grazie anche all’aiuto regia di Cecilia Lupoli e all’organizzazione di Martina Di Leva.“Siamo stati un po’ sfortunati”, sottolinea quest’ultima, “perché dopo il successo coronato con il conferimento del Premio Scenario Periferie nel 2019, lo spettacolo ha visto e vissuto sulla sua pelle il fermo dovuto all’emergenza Covid. Però il Napoli Teatro Festival è stata la miccia per ricominciare. Speriamo di avere lunga strada davanti, ancora”.