«Che amarezza vedere che si litiga per una poltrona invece di discutere di tempi importanti per le imprese e la città». A parlare è Fabio De Felice, fondatore di Protom Spa.

Terremoto a Palazzo Partanna. Che idea si è fatto?
«Il problema è che non si riesce a convergere su programmi che siano di interesse per tutta la collettività imprenditoriale. Nessuno ha mai detto “ci dobbiamo separare”, anzi, parlano tutti di unità all’interno dell’associazione ma il problema è che l’unità va declinata in maniera opportuna. Se unità vuol dire normalizzazione e pensiero unico, io non sono d’accordo, bisognerebbe parlare invece di unità di progetti, intenti e scopi».

Quindi, che immagine sta dando l’Unione Industriali di Napoli?
«Dell’immagine sono molto amareggiato, ma ciò che mi preoccupa veramente è il fatto che il clima di tensione continui a crescere. Io sono stato tra i primi a uscire dall’associazione perché questo clima che ora respirano i giornali e i cittadini, Il problema è che non si hanno obiettivi e prospettive comuni. Ho deciso di andarmene senza sbattere la porta proprio per questo clima che si era creato».

Quale clima?
«Non c’è una possibilità di confronto su temi importanti. Avere idee diverse credo sia un grandissimo valore. La rivalità anche nelle competizioni associative è una ricchezza, perché il rivale arricchisce mentre il nemico non arricchisce. Mancava quindi la possibilità di sedersi attorno a un tavolo e discutere. Il nostro obiettivo è lavorare, non è fare guerre e perdere tempo con queste beghe».

Appunto, diciamo che in questo momento delicato per la ripresa Post-Covid, in un territorio come il nostro dove l’economia fatica, Confindustria sta facendo una figuraccia invece di creare un tessuto produttivo solido…
«Nutro un grande rispetto verso l’associazione, quindi, sulla figuraccia non posso rispondere. Io non parlo di figuraccia ma di problema, che è una cosa ben più grave. Quel luogo che è di natura un luogo in cui donne e uomini si devono confrontare sotto un unico comune denominatore, invece di discutere, litigano. Quindi, si sta interpretando male il ruolo dell’associazione, della quale io ho fatto parte per 25 anni. È diventato il luogo in cui bisogna litigare per una poltrona».

Proprio perché ha fatto parte di Confindustria Napoli per ben 25 anni, conosceva quindi molto bene i modelli e i meccanismi dell’associazione: perché andare via e non provare a fare qualcosa?
«Non sono d’accordo con quello che lei mi sta dicendo. Io ci ho provato, ma se noi abbiamo una traiettoria comune ma fatta di idee diverse che poi convergono in un unico obiettivo bene. Ma se non è questa, io devo decidere a chi dedicare le mie energie. E se capisci di essere tu il disadattato in quell’ambiente, allora vai via. Oggi si rivive dopo due anni la stessa situazione quando si parlava di Francesco Tavassi come presidente e si diceva che era una figura divisiva».

Quindi, anche Costanzo Jannotti Pecci, unico candidato al momento, è una figura divisiva?
«Sì… io ho grande stima di Costanzo, ma purtroppo anche lui mi sembra un nome divisivo e non unitario. È unitario perché sulla carta ha il 98% di preferenze, ma non significa niente, per me anche quell’1% di aziende dovrebbe essere ascoltato. Oggi si rivive la stessa amarezza di due anni fa, ma pure se divisivo non credo assolutamente che non sia idoneo alla presidenza. E se ha i numeri vincerà, ma sarà una vittoria di Pirro».

Cosa fare per riportare l’Unione alla sua funzione iniziale: affiancare gli imprenditori e rendere la città un territorio economicamente produttivo?
«Bisogna sedersi intorno a un tavolo e mettere i temi al centro e non gli interessi personalistici. Non bisogna parlare di poltrone e vicepresidenti e soprattutto non sono i giornali il tavolo preposto al confronto».

Per questo non si preoccupi perché a quanto pare gli iscritti all’Unione, gli addetti ai lavori quindi, hanno una rassegna stampa molto sintetica, pare che gli articoli per così dire un po’ polemici vengano scartati. Una sorta di censura…
«Allora è vero?»

Pare proprio di sì…
«Io non essendo più iscritto all’Unione non leggo la rassegna stampa interna. Ma alcuni amici mi avevano detto di questa anomalia, cioè che molti articoli non li leggevano».

Le sembra una cosa normale?
«No. Probabilmente fa parte delle modalità con le quali si intende gestire il processo, cioè ovattando il dissenso. Ma non è così che si evitano nuovi attacchi ai probiviri che erano il nulla e invece oggi sono diventati i personaggi più importanti dell’universo. E comunque sarei curiosissimo di sapere perché alcuni articoli non vengono inseriti in rassegna».

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Giornalista napoletana, classe 1992. Vive tra Napoli e Roma, si occupa di politica e giustizia con lo sguardo di chi crede che il garantismo sia il principio principe.