Balcani
Alta tensione tra Serbia e Kosovo, l’esercito di Belgrado in stato di massima allerta
“Per proteggere il nostro popolo e preservare la Serbia”. E così Belgrado ha annunciato di aver messo in stato di allerta il suo esercito a causa delle crescenti e costanti tensioni con il Kosovo che si sono verificate e intensificate nelle ultime settimane. Scontri che avevano portato a proteste, blocchi stradali e violenze soprattutto nel nord del territorio kosovaro, dove vivono migliaia di persone di etnia serba. Nonostante un recente accordo sulla questione delle targhe serbe, le tensioni tra Belgrado e Pristina si sono intensificate negli ultimi mesi, riportando a galla la contrapposizione mai risolta dopo la guerra sanguinosa e l’indipendenza dichiarata dall’ex provincia serba nel 2008.
Secondo il Presidente serbo Aleksandar Vucic Pristina si starebbe preparando ad attaccare i serbi del Kosovo nel nord del Paese e a rimuovere con la forza alcuni dei blocchi stradali che i cittadini hanno cominciato a erigere a inizio dicembre dopo l’arresto di un ex poliziotto serbo del Kosovo. Altra ragione sarebbe l’invio nel nord a maggioranza serba di massicce forze di polizia kosovara. Le autorità di Pristina invece accusano Vucic di usare i suoi media di Stato per fomentare problemi e scatenare incidenti che potrebbero diventare pretesti per un intervento armato.
Petar Petkovic, un funzionario del governo serbo responsabile dei contatti con i serbi del Kosovo, ha dichiarato alla tv di Stato serba RTS che l’allerta delle truppe serbe è stata introdotta perché il Kosovo ha fatto la stessa cosa e ha aggiunto che le unità kosovare pesantemente armate vogliono attaccare i serbi del Kosovo “con l’intenzione di attaccare le nostre donne, gli anziani, i bambini, gli uomini. La nostra gente che è sulle barricate sta solo difendendo il diritto di vivere”.
Il ministro degli Esteri Ivica Dacic ha ribadito ai media le tre linee rosse di Belgrado nella questione kosovara: la creazione della Comunità delle municipalità serbe in Kosovo; il fermo no all’indipendenza del Kosovo e alla sua eventuale ammissione all’Onu e ad altre importanti organizzazioni internazionali; la difesa della sicurezza e dell’incolumità fisica dei serbi del Kosovo. “Noi siamo per la pace e il dialogo, ma se si arrivasse ad attacchi fisici e all’uccisione di serbi, e se la Kfor non dovesse intervenire, la Serbia sarà costretta a farlo”, ha dichiarato Dacic.
Soltanto domenica scorsa nella città di Zubin Potok i serbi avevano organizzato alcune manifestazioni e si era consumata una sparatoria la cui dinamica è ancora tutta da chiarire. Pristina ha chiesto alle forze di peacekeeping guidate dalla Nato, Kfor, di rimuovere le barricate e ha lasciato intendere che saranno le forze di Pristina a farlo se la Kfor non reagirà. Kfor conta su circa 4mila forze di pace guidate dalla Nato di stanza dalla guerra del 1999. Kfor e Unione europea hanno chiesto a Pristina e Belgrado di dare prova di moderazione e di evitare provocazioni. Dopo l’annuncio dell’allerta, altri blocchi sono stati messi in atto. A Mitrovica, città del Kosovo settentrionale divisa fra serbi e albanesi. È la prima volta dall’inizio della recente crisi che i serbi bloccano le strade di una delle città principali. Finora le barricate erano state poste sulle strade che portano al confine tra Kosovo e Serbia.
A fine novembre Serbia e Kosovo avevano trovato un accordo, con la mediazione dell’Unione Europea, sulla questione delle targhe automobilistiche: sospeso l’obbligo per i kosovari di etnia serba di usare targhe automobilistiche kosovare al posto di quelle serbe usate finora, nessun rinnovo delle licenze delle targhe serbe usate dalla popolazione kosovara di etnia serba e nessuna emissione di nuove. Circa 100mila persone di origini serbe vivono in Kosovo, su una popolazione di 1,8 milioni. Il Kosovo, dopo l’indipendenza dalla Serbi dichiarata nel 2008, è stato riconosciuto dagli Stati Uniti e da diversi Paesi parte dell’Unione Europea, non da Belgrado e da Paesi suoi alleati come la Russia e la Cina.
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