L'intervista
Anna La Rosa, maestra di retroscena: “Fitto, leader nato. Meloni farà la Cdu, Landini studia da leader Pd”
“Questa maggioranza può diventare più dialettica ma rimane coesa. Le opposizioni sono inconsistenti, Giorgia trasformerà Fratelli d’Italia in un partito conservatore europeo”
Anna La Rosa, retroscenista nata con l’AdnKronos e diventata poi per lunghi anni Direttore di Rai Parlamento, oggi dirige La Discussione dopo aver vissuto – e raccontato – gli anni della grande politica. «A volte mi sento un po’ orfana di quella stagione. C’erano battaglie, idee e personaggi di grande valore. Ho avuto la fortuna di poter raccontare la storia delle istituzioni».
Anche oggi in qualche caso ci sono bagliori di buona politica, o no?
«Abbiamo il governo più solido d’Europa: la Germania è debolissima. Non parliamo della Francia e della Spagna. Il nostro è il più stabile, atlantista, coeso. E sono obiettiva».
Meloni è solida, i suoi ministri meno… Diciamo non tutti. E non sempre.
«Questo è vero, però si scontra con l’inconsistenza delle opposizioni. La debolezza dell’alternativa rende forte questa maggioranza. Meloni si è dimostrata più capace di quello che si pensava. Nel futuro, Giorgia Meloni crescerà ancora. E FdI cambierà, evolverà. Meloni è consapevole di dover allargare al centro, vuole provare a creare alla sua sinistra un tessuto politico-culturale moderato. Ha voluto Cesa e Rotondi in Parlamento, i titolari di simbolo e nome della vecchia Dc. Lei punta a fare una Cdu italiana, popolare e conservatrice, forse un filo più a destra di quella tedesca, ma comunque in quell’alveo».
Fitto termina il suo mandato al governo e diventa vicepresidente della Commissione europea… «Ecco, spenderei qualche parola, oggi, per Raffaele Fitto che conosco molto bene e da molti anni. È un pontiere verso il futuro. Questa la definizione che ne darei. Guai a chi lo sottovaluta, io lo seguo dal 1994, da quando – giovanissimo – si avvicinò a Berlusconi. Un europeista convinto che ha sempre avuto la perseveranza e la capacità empatica di ascoltare tutto. Lo si può paragonare a Gianni Letta, per doti di tessitura: Berlusconi lo definì anni fa ‘l’enfant prodige’. E dire che nella vita ha avuto anche momenti brutti, ha avuto i suoi problemi giudiziari che ha affrontato senza timori e da cui è stato assolto completamente. Non ne voglio fare l’agiografia, ma non perdiamolo di vista, di lui sentiremo parlare molto a lungo».
Già in Europa, adesso, avrà il suo da fare.
«Come deleghe europee ha competenze importantissime con voce su turismo, pesca, agricoltura, economia del mare. Ma attenzione, quando finirà il mandato sarà da tenere d’occhio, il suo ritorno in Italia sarà quello di un leader molto forte».
Proprio oggi a Roma c’è la convention di Noi Moderati. Il terzo polo alla fine lo fanno loro…
«Il terzo polo è entrato nel primo, il centrodestra. Lupi, che è più giovane dei vecchi democristiani, è un bocconiano liberale. La forza di questo centrodestra sta proprio nel suo essere un prisma, una pluralità che poi alla fine parla con una voce sola. Così lo aveva pensato Silvio Berlusconi, come una pluralità di sensibilità che poi sanno darsi un corpo unico. Rimane la loro forza».
A proposito di Forza Italia, che giudizio dai di Tajani, tu che hai raccontato i grandi leader?
«Il miracolo di Tajani. Chi avrebbe mai scommesso su Forza Italia, alla morte di Berlusconi? Ha saputo rivitalizzare il suo partito. Anche perché tra gli elettori aleggia la voglia di centro. La Dc non c’è ma tutti la cercano, in fondo, nelle loro scelte elettorali. O meglio: cercano stabilità, anche economica, sulle questioni cruciali. Una presenza organizzata di centro è essenziale e il valore di Tajani e di Forza Italia è quello di aver rimesso in pista la “force tranquille” che fa da contraltare a qualche eccesso della Lega e di FdI».
La famiglia Berlusconi non sta interferendo?
«Non credo proprio. Tutto dimostra il contrario, FI ha una sua autonomia dovuta ai suoi dirigenti, al suo radicamento. Elementi che pesano ancora molto, in politica».
La sinistra è invece smarrita. Ieri era in piazza con la Cgil…
«Sono colpita dalla veemenza anche verbale di Landini e Bombardieri. Su quest’ultimo, mi colpisce il rapporto di sudditanza di un riformista socialista come Bombardieri nei confronti di Landini. Gli chiederei come mai sulle grandi questioni salariali, sulla crisi dell’automotive, sulla desertificazione industriale non ha mai alzato la voce quando c’erano governi di segno diverso. Le scarse adesioni alle manifestazioni di ieri ci dicono che le persone seguono sempre meno queste suggestioni radicali. Perché Landini, ora che non c’è più il finanziamento ai partiti, non rinuncia al finanziamento dei sindacati, tramite il rinnovo automatico delle trattenute sindacali in busta paga? Accetti la scommessa, se vuole fare il grande moralizzatore».
Landini vuole fare le scarpe a Elly Schlein, finirà per candidarsi anche lui nel Pd?
«Schlein ha preparato il terreno al landinismo. E Landini è già un leader della sinistra, potrebbe esserlo del Pd. Penso che le sue frequenti partecipazioni televisive non siano casuali. Studia da leader di una sinistra-sinistra, area dove tutti si affollano, dal M5S di Conte a Bonelli e Fratoianni. Strano che il Pd abbia messo da parte i riformisti per dare spazio a questa deriva».
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