Ragioni umanitarie“. Questa la motivazione usata dalla Russia di Vladimir Putin per accogliere il dittatore siriano Bashar al Assad dopo la caduta del regime di Damasco, durato oltre 50 anni, avvenuta nel giro di poche settimane e cristallizzata domenica 8 dicembre. Nelle città del martoriato paese del Medio Oriente si assiste a scene di giubilo, cortei e statute del vecchio regime abbattute, famiglie che si ricongiungono e riabbracciano i propri cari detenuti da anni nelle prigioni siriane perché “oppositori” di Assad.

Virale anche un video girato all’interno del palazzo presidenziale e che mostra decine e decine di auto di lusso accumulate da Assad in tutti questi anni di dittatura: da una parte la quasi totalità della popolazione ridotta alla fame con un vero e proprio esodo di profughi, molti dei quali stanziatisi in Turchia, dall’altra il capo dispotico che accumulava ricchezza contando sulla protezione di Iran e Russia, impegnate adesso su altri fronti.

People with flag of the Syrian Republic and a man dressed as Santa Claus celebrate the fall of the Assad regime after the Syrian government fell early today in a stunning end to the 50-year rule of the Assad family, on Oranienplatz in Berlin, Sunday, Dec. 8, 2024. (Julius Christian Schreiner/dpa via AP)

Così Assad ha perso il regime…

Protezione venuta meno nelle ultime settimane, quando l’avanzata dei ribelli da sud e da ovest è sembrata quasi una marcia trionfale. Soldati del regime hanno ceduto il passo alle nuove leve senza combattere. Così Assad, vistosi alle strette, si è rifugiato con moglie e figli dall’amico Putin che ha dovuto accettare lo smacco del presidente turco Erdogan, colui che ha guidato e probabilmente attrezzato i ribelli. Cruciale la giornata di venerdì 6 dicembre quando lo stesso Erdogan, quasi senza scomporsi, aveva annunciato l’avanzata su Damasco dopo il mancato accordo trovato con Assad. Parole che avevano invitato la Russia a sollecitare i propri connazionali, e probabilmente lo stesso Assad, a lasciare quanto prima il Paese.

Jihadisti al potere: “Proteggeremo minoranze”

Regime di Assad che è crollato dopo quasi 25 anni (prima c’era il padre) e dopo essere sopravvissuto, grazie all’aiuto della Russia, alle “Primavere arabe” nel 2011. Adesso la Siria è nelle mani del movimento jihadista Hayat Tahrir al-Sham (Hts) che dovrà relazionarsi con le tante minoranze (curdi, cristiani, yazidi, sciiti) presenti nel Paese. Il nuovo leader Ahmad al-Sharaa, dal nome di battaglia Abu Mohammed al Jolani, promette di proteggere le minoranze e di purificare il Paese. Una prima conferma arriverebbe da Aleppo dove la guida dell’amministrazione della città è stata affidata a un cristiano.

I dubbi sulla rinascita siriana: il ritorno dell’Isis

E’ presto però per parlare di rinascita siriana, nonostante gli appelli della comunità internazionale, a partire da Erdogan che spera nel rientro in patria dei milioni di rifugiati presenti in Turchia. Gli Usa temono invece un ritorno dell’Isis, sconfitto anni fa grazie all’aiuto dei curdi. “Siamo consapevoli del fatto che l’Isis cercherà di approfittare di qualsiasi vuoto per ristabilire le proprie capacità (in Siria, ndr)…: non lo permetteremo”, ha affermato il presidente Joe Biden che ha poi confermato che ieri “le forze statunitensi hanno condotto decine di attacchi aerei di precisione in Siria, colpendo accampamenti dell’Isis e operatori dell’Isis”. Secondo il Pentagono, sono stati effettuati raid aerei contro “oltre 75 obiettivi” legati al cosiddetto Stato islamico nel Paese.

Preoccupazioni anche da parte di Israele, alleato Usa, i cui soldati nelle scorse ore hanno varcato il confine siriano per la prima volta dal 1973, anno della guerra Yom Kippur. Il dispiegamento sul monte Hermon è avvenuto dopo la conquista di Damasco da parte dei ribleli. Il ministro degli Esteri israeliano, Gideon Saar, ha annunciato che Israele ha colpito siti sospetti di armi chimiche e razzi a lunga gittata in Siria per evitare che cadano nelle mani di attori ostili. “L’unico interesse che abbiamo è la sicurezza di Israele e dei suoi cittadini”, ha detto Saar, aggiungendo che “è per questo che abbiamo attaccato sistemi di armi strategiche, come, ad esempio, le armi chimiche che restano, o i missili e i razzi a lungo raggio, per evitare che cadano nelle mani degli estremisti”.

Redazione

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