La sconfitta dell'Iran e del Cremlino
Siria accerchiata: si ferma anche Putin se Assad non tratta perde il trono
I curdi stanno arrivando da est, le forze del regime hanno ripiegato a sud per difendere Damasco. La regione nordoccidentale è nelle mani dei sunniti alleati della Turchia. E la Russia si tira indietro
Ecco cosa sta succedendo in Siria: l’opposizione avanza su due fronti, quello a est e quello a sud verso Damasco; i curdi stanno arrivando da est; le forze del regime hanno ripiegato a sud per difendere la capitale, Damasco. ormai quasi tutta la Siria nordoccidentale è nelle mani delle forze ribelli sunnite alleate della Turchia. I russi stanno ritirando i loro beni dalla loro base di Tartus sul Mediterraneo. Il Cremlino ha fatto sapere ad Assad che non può fare di più e che qualsiasi intervento russo non potrà che essere molto limitato e che in questo momento Mosca ha altre priorità.
L’Iran ha propagandisticamente annunciano di inviare loro reparti militari a difesa di Damasco, ma in realtà Tehran non può fare nulla perché ha perso le sue ramificazioni in medioriente e all’interno sta attraversando la più grave crisi, economica, politica e sociale dal 1979. Un regime ormai delegittimato in patria con la stragrande maggioranza della popolazione che chiede di abbandonare Palestina, Iraq, Siria e tutte le sue diramazioni considerate anche dagli iraniani organizzazione terroristiche in medioriente che opprimono la loro stessa popolazione proprio come fa la Repubblica islamica.
Assad deve trattare la resa
Assad o si siete al tavolo e negozia o perde la Siria e il suo trono. Non ha altra possibilità.
Si stanno verificando anche rivolte cittadine contro il regime di Damasco. Si registrano rivolte a Suwayda, una città a maggioranza drusa situata nella Siria sudoccidentale, al confine con la Giordania. Drusi e cristiani stanno strappando i manifesti di Assad. Assad se non negozia, è finito. La Turchia si gode la scena, sa di avere il pallino del gioco nelle proprie mani, controlla quasi tutta l’opposizione siriana
Il presidente Erdoğan ha parlato e ha detto: “Ora, Idlib, Hama, Homs sono state riprese e naturalmente ciò avverrà anche con Damasco. Questa marcia dell’opposizione sta continuando con successo e noi ci auguriamo che questa marcia in Siria prosegua senza incidenti”. In effetti le vittime civili, gli sfollati e quindi l’emergenza umanitaria sono stati determinati dalle truppe di Damasco e dai loro alleati e da bombardamenti e dal lancio di missili russi, perché Putin adotta la sua consueta strategia quella già nota di fare terra bruciata.
Russia bombarda scuole e ospedali
Il target dei bombardamenti russi non sono i ribelli, sono direttamente gli ospedali, le scuole e altri edifici civili. La strategia è quella di creare emergenza umanitaria e sfollamento di massa. I bombardamenti russi hanno distrutto almeno quattro ospedali della provincia di Idlib dove sono ammassati circa un milione e mezzo di rifugiati siriani da altre città del paese.
È crollato quasi tutto il fronte meridionale della Siria, caduto in mano ribelle. Le forze del regime di Assad si sono ritirate da Suwayda. La popolazione locale si è unita alle forze ribelli e ha preso il controllo del quartier generale della polizia cittadina.
Assad appare irremovibile, si rifiuta di negoziare e sta rischiando di brutto. È stato quadi abbandonato dalla Russia e l’Iran non ci pensa nemmeno a soccorrerlo perché non sa chi potrà soccorrere poi la Repubblica islamica iraniana. Assad o si siete al tavolo e negozia con la Turchia o rischia di perdere la Siria a ovest dell’Eufrate e il suo trono.
Il rifiuto di Assad alla Turchia
Ankara aveva cambiato la sua politica siriana ed è disposta ad accettare che Assad rimanga al potere, ma a condizione della normalizzazione delle loro relazioni per raggiungere almeno due obiettivi fondamentali per la soddisfazione dei suoi irrinunciabili interessi in politica interna: quello dei migranti e la questione curda.
Ma il leader di Damasco gli ha risposto che fino a quando Ankara non avrà ritirato completamente le sue truppe dalla Siria, non vi sarà nulla di cui parlare.
Il leader siriano ha sottovalutato le richieste di Ankara, forse per presunzione e per calcoli errati. Non ha tenuto conto che la crisi dei rifugiati siriani in Turchia si era aggravata ed è costata a Erdoğan una notevole perdita di consensi e che dunque un accordo che consentisse il graduale rientro di circa due milioni di rifugiati nel nord della Siria era ineludibile.
Altro obiettivo del presidente, oltre a quello del ritorno dei rifugiati, è la soluzione della questione curda. Ankara non vuole nel modo più assoluto la costituzione di una entità autonoma curda lungo i suoi confini meridionali e vuole trattare la sicurezza dei confini con Assad così come chiede pressantemente Putin che più volte ha mostrato al leader siriano forte irritazione per la sua intransigenza. Ankara ha fretta perché teme che con l’imminente ritorno di Trump alla Casa Bianca e del possibile ritiro degli Usa dalla Siria, con il vuoto che si creerebbe nel nordest, le forze curde possano allearsi con Damasco, con l’Iran o con Israele in funzione anti turca.
Sembra che non si torni indietro. Una nuova realtà in Siria sta riempendo un vuoto. L’opposizione sunnita sta rimodellando la mappa della Siria, riportandola a quella che era prima dell’arrivo dei russi.
È probabile che l’offensiva dell’opposizione si concluda dopo la cattura di Homs. Al momento appare molto improbabile le milizie sunnite di HTS e quelle dell’Esercito nazionale siriano, sostenuto dalla Turchia possa prendere Damasco.
Ma certo è che in Siria si sta delineando una nuova realtà politica: Aleppo sta diventando parte dell’entroterra turco. Sono previsti colloqui tra Turchia, Iran e Russia questo fine settimana. Ma non è chiaro se Russia e Iran accetteranno la nuova mappa imposta dalla Turchia.
Il notevole depotenziamento da parte di Israele dell’asse della Resistenza eterodiretta dall’Iran e l’impegno della Russia nella sua guerra contro l’Ucraina hanno indubbiamente creato una finestra di opportunità per l’opposizione anti Assad che ha visto che questo era il momento giusto per colpire.
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