“Il voto in Abruzzo è un voto nazionale per come la campagna elettorale è stata vissuta dai leader e per la caratteristica di una regione che ha una contiguità, non solo geografica, con la politica romana”. E’ il commento-video del neo direttore del Riformista Alessandro Barbano dopo la vittoria di Marco Marsilio, riconfermatosi governatore della regione Abruzzo con la coalizione di centrodestra. “Il voto segnala che la luna di miele tra Giorgia Meloni e il suo popolo non si è esaurita – sottolinea Barbano – che la Lega vive un momento di crisi ma invece Forza Italia registra un avanzamento che alla vigilia non era facile prevedere. Che vuol dire? Che il centrodestra è riuscito a prolungare il suo rapporto di fiducia con l’elettorato oltre il tempo in cui normalmente questo rapporto si usura, almeno se a confronto con i precedenti presidenti del Consiglio delle ultime stagioni”.

La sconfitta in Sardegna, dove comunque il centrodestra ha preso più voti della coalizione vincitrice, pagando il voto disgiunto, è stato un incidente di percorso e Barbano spiega perché: “Ci sono una serie di ragioni per spiegare questa stabilità: Meloni è una leader che mette la faccia su molti dossier, quindi il suo protagonismo ha un impatto sull’elettorato, il fatto che ha stabilito una collocazione atlantista che rappresenta un accreditamento nelle cancellerie e soprattutto un punto di distinzione su un elemento della politica internazionale che in questo momento rappresenta un tratto qualificante nel dibattito pubblico nazionale; e da ultimo – ricorda – che fin qui ha fatto poco o nulla sul terreno delle riforme che aprono divisioni sulle categorie normalmente bacino delle forze politiche. Per questo forse il terreno di confronto sulla riforma costituzionale rappresenterà la prima vera sfida rischiosa della legislatura”.

Riguardo l’esperimento del campo extra large, da Alleanza Verdi-Sinistra ad Azione e Italia Viva, Barbano è netto: “Quanto al centrosinistra e al cosiddetto campo largo l’illusione che questa prospettiva avesse una concretezza politica trova nei numeri dell’Abruzzo una smentita clamorosa”. Il problema sarebbe soprattutto nell’elettorato pentastellato che si dimostra “disponibile a votare i loro candidati e non anche i candidati di un fronte riformista di area Pd, come nel caso dell’Abruzzo. Infatti l’astensionismo, dalle prime interpretazioni, è da attribuire alla fuga degli elettori del Movimento 5 Stelle, in parte confluiti nel Pd ma in parte rimasti a casa”. Fattori che spiegherebbero il crollo del Movimento passato in cinque anni dal 19% al 6%.

“Il Pd – riconosce Barbano – raccoglie un risultato elettorale lusinghiero ma vede questa prospettiva del campo largo come una illusione contraddetta dal primo riscontro delle urne. Manca una leadership chiara, manca una unità di intenti sulle questione strategiche, come la politica internazionale. È difficile capire come questo cartello possa proporsi in maniera credibile agli elettori, ma è vero che una opposizione alternativa al momento non si vede”.

Redazione

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