Quado l’ex premier Giuseppe Conte manda in scena il migliore dei suoi personaggi, il “Giuseppi in barile”, apprezzi la sua differenza e dunque la sua ricchezza o valori equipollenti. Il nomignolo “Giuseppi” gli venne dalla storpiatura coniata e rilanciata da Donald Trump in visita in Italia quando lui, Conte, era immodestamente Presidente del Consiglio, e lo abbrancò come un orso di buon umore e lo strafalciò con affetto: “Giuseppi!”. Da allora e per sempre, ribattezzato. Per chi non avesse visto lo show a Che tempo che fa, tenteremo una citazione semantica e romantica del Giuseppi-pensiero, ma con una precauzione suggerita al lettore: di non farsi disorientare dall’effetto comico caotico del Giuseppi-pensiero, perché dietro quell’apparente disorganizzazione mentale, così c’è pur sempre un nucleo, piccolo finché si vuole, ma con un significato a sorpresa, come nelle uova di Pasqua.

Fazio gli ha domandato: “Le chiedo se secondo lei per il nostro governo è più conveniente la vittoria di Biden o di Trump. Lo chiedo proprio a lei che con Trump aveva un rapporto personale: lei preferisce Trump o Biden?”. La riposta non si fa attendere, già in agguato prima della domanda e consistente in una centrifuga separazione delle fibre dai contenuti: “Guardi, io credo che chiunque, adesso vedremo poi quando si definirà esattamente, certo però lei io credo, guardi io faccio l’interesse dell’Italia; quindi, con Trump ho cercato di coltivare un rapporto per tutelare l’interesse nazionale e poter dialogare anche permettetemi lo dico un po’ immodestamente ma non dobbiamo essere modesti dall’Italia da pari a pari e questo vale sia per Biden che per Trump”.
Fazio accenna un moto di impazienza subito soverchiato dall’intervistato chiamato a dire con chiarezza se preferisce Biden o Trump. Quello invece, con gran classe, introduce un elemento fitness: la postura. È un colpo di qualità: “Per chiunque sarà. E la postura dipende ovviamente da come tu vivi il contesto, se tu pensi di doverti accreditare a livello internazionale vai lì molto modestamente questo è chiaro”.

Una volta, a questo punto sarebbe stata era d’obbligo la citazione del celebre monologo “della supercazzola” di Ugo Tognazzi in “Amici Miei, ma Fazio vedendo Conte svicolare per la tangente, tenta un disperato “Non ho capito se lei preferisce Biden o Trump: o l’uno o l’altro, a chi dei due lei si sente più vicino?”
Il vero problema di Conte è che, se proprio lo si deve dire, a lui piace più Trump perché sull’Ucraina sta dalla parte di Putin avendo detto e ripetuto che se fosse stato per lui, Trump, l’invasione dell’Ucraina si sarebbe risolta in un giorno, negando le armi a Zelensky e imponendogli quel che i russi vogliono. Conte poco prima aveva espresso nella sua conversazione con Fazio la stessa idea, ma in modo più nebbioso. E quindi la butta in cagnara: “I due hanno approcci ideologici completamente diversi e l’uno ovviamente potrebbe essere più vicino alla sfera progressista e l’altro no, però poi, per esempio sulla guerra; quindi, io non lo voglio dire se l’uno o l’altro”. Traduzione: Biden dovrebbe essere il preferito perché è di sinistra e io a questo giro faccio la sinistra, ma se poi si parla di guerra, sto con Trump.

Il tentativo di salvarsi in corner era dovuto alla certezza che Fazio, pur di stanarlo per comprometterlo, lo avrebbe incappottato sul 6 gennaio del 2021, giorno in cui in America i trumpiani davano l’assalto a Capito Hill, la sede del Congresso e Fazio, visto che Trump incitava i rivoltosi, obbliga Conte all’abiura. Ed è qui la grandezza di Giuseppi che fiuta e sfugge alla trappola dopodiché il suo sangue si liquefà come nei migliori miracoli: “Che c’entra! se c’è uno che entra e dà l’assalto al Campidoglio, io cerco le distanze eh: quella è una pagina nera della democrazia! Questo l’ho capito, anche se aspettiamo che i giudici facciano i loro accertamenti”.
Un colpo al cerchio e uno alla botte, tenendo di riserva il vangelo di Grillo quando minacciava, come Trump, di scoperchiare il Parlamento come una scatola di tonno.

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Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.