Il vicesegretario di Azione, Ettore Rosato, traccia con noi un bilancio delle Europee e una prospettiva per il futuro.

Partiamo da un dato di realtà: la prova elettorale delle Europee è andata male, per Azione e per Stati Uniti d’Europa…

«C’era un’asticella al 4%, non l’abbiamo superata. Dopodiché siamo un partito che ha preso 800.000 voti ed è la prima volta che Azione si presenta da sola a una competizione elettorale nazionale. Questo rende le cose ancora più amare: se uniti si vince, divisi si perde».

Ma uniti con chi?
«La lista di scopo fatta da Renzi, Bonino, Maraio e dai radicali, partiva con il 7% ed ha fatto un risultato simile al nostro, più basso di noi sul voto di opinione al nord. Sa perché? Perché ci si deve presentare come progetto politico. Tutto il resto non è credibile. Lo era ancora di meno dopo quello che è avvenuto dopo le elezioni politiche».
Cioè la rottura tra Renzi e Calenda?
«Sì».
E quella rottura da chi è stata voluta, da cosa è stata determinata?
«Ancora di questo dobbiamo parlare? Io francamente penso sia poco utile. È evidente che se sono andato via da Italia Viva è perché imputo a loro la rottura del Terzo polo, codificata poi dalla scelta che hanno fatto di rompere i gruppi parlamentari. Una scelta esplicita, formale, sottoscritta da Italia Viva. Però è il passato. E continuare a pensare che si possano fare “liste di scopo” non aiuta a costruire un grande partito riformista e liberale che in questo Paese serve. Noi ci candidiamo a questo»

Un obiettivo comune con Italia Viva e +Europa. Allora da qui si può ripartire?
«Non direi che è questo il loro obiettivo. Il loro obiettivo era fare una federazione e una lista di scopo. Lo hanno dichiarato in tutti i modi e io lo rispetto. Sono legittimati come tutti a fare le loro scelte».
La lista di scopo era per le elezioni. Passate le elezioni, si può ragionare di un partito unitario?
«Noi facciamo il nostro percorso di partito e siamo aperti a chiunque voglia dare il suo contributo. E ci sono tante persone che si stanno avvicinando proprio in queste ore. Guardiamo al futuro».
È possibile immaginare un percorso condiviso? Marcucci propone di sciogliere Azione e Italia Viva e lavorare da subito a un nuovo soggetto unico, con un leader terzo.
«Ci abbiamo già provato. Italia Viva disse di no. Iv ha lanciato il suo congresso, è rispettabile e lo rispettiamo».
E nel campo di Azione? Avete indetto una costituente…
«Sì, un luogo per tutti quelli che vogliono venire con noi a costruire un grande partito dei riformisti, dei liberali e dei popolari che nel nostro Paese non trovano casa nello scontro tra Schlein e Meloni. Tuttavia questo bipolarismo forzoso si va imponendo anche quando si vota col proporzionale. La polarizzazione che anche i mezzi di informazione hanno facilitato, è stata una operazione riuscita a Meloni e Schlein, che se ne sono giovate. La mia convinzione è che in Italia di promesse dell’abolizione della povertà a cui rispondeva l’abolizione delle accise ne abbiamo viste troppe. Riportare la politica con i piedi per terra è doveroso e possibile».

E se doveste scegliere tra centrodestra e centrosinistra?
«Noi guardiamo ai cittadini, ai loro bisogni. Siamo sicuramente all’opposizione di questo governo, che sta mostrando tutte le sue fragilità e ci prepara a una legge di bilancio drammatica. Ma siamo anche alternativi a un populismo che a sinistra si manifesta non sostenendo l’Ucraina e in un referendum contro il jobs act».
Facendo i conti con la calcolatrice, il 52-53% delle forze politiche sono all’opposizione di questo governo.
«Questa è aritmetica. Però c’è anche la consapevolezza che quel 52-53% non è una proposta di governo alternativa».
Si parla di passo indietro da parte di Renzi, e in Azione?
«Ma secondo voi deve andare via Calenda perché lo decide Italia Viva? Da noi nessuno lo chiede, anzi da parte mia c’è il ringraziamento a lui per il suo straordinario lavoro. A lui e a Elena Bonetti per le candidature fatte chiedendo il voto per gli altri candidati e a un gruppo dirigente che alla sua prima prova elettorale ha messo in campo generosità e competenza».
Errori ci sono stati, Rosato. Siamo qui a parlare di una sconfitta…
«Certo che ci sono stati errori, anche falle nel nostro radicamento. Ma anche eccellenze, dal Veneto a Milano, Napoli o Genova. Ma siamo qui per correggerli e come accade quando si cade, per rialzarci e riprendere il percorso con maggiore energia».
Rosato ha legato il suo nome, nella storia della politica, alla legge elettorale. Sarebbe ipotizzabile tornare al proporzionale?
«A giugno del 2017 presentai in aula la proposta di legge sul modello tedesco: voto proporzionale con sbarramento al 5%. Fu sottoscritto da Pd, M5S, Lega, FI, gruppo delle autonomie. Venne invece bocciato con voto segreto, reso erroneamente palese, e quindi i franchi tiratori risultarono evidenti: il gruppo M5S e 50 deputati del Pd. Vogliamo riproporla? Azione è assolutamente d’accordo».
Certo se si tornasse a quella proposta, Azione con il 3,3% sarebbe nei guai.
«Intanto facciamola, la riforma con il sistema tedesco. Il resto vedrete arriverà».

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.