C’è Sinai, una start-up francese che utilizza l’Intelligenza Artificiale per analizzare i dati degli oceani – sui movimenti marittimi, i modelli meteorologici e l’inquinamento dell’aria e dell’acqua – e aiutare così l’industria marittima a ottimizzare organizzazione e attività, e ridurre il proprio impatto ambientale. Uno dei suoi servizi? Offrire agli utenti la possibilità di monitorare sia il rumore sottomarino – provocato per esempio dalla navigazione – sia la presenza di vita sott’acqua che potrebbe essere influenzata negativamente dal rumore. C’è poi la start-up danese Electricity Maps che calcola l’intensità di carbonio derivante dal consumo di elettricità da parte delle aziende, annovera Google e Samsung tra i suoi clienti, e ha chiuso un finanziamento da 5 milioni di euro.

L’intervento sul cambiamento climatico

Entrambe fanno parte di una costellazione di start-up europee che utilizza l’Intelligenza Artificiale e l’apprendimento automatico per aiutare le aziende a far fronte al cambiamento climatico e a rendere minimo il loro contributo al riscaldamento globale. E i finanziamenti rivolti alle tecnologie climatiche aumentano sempre di più. Secondo la piattaforma dati Dealroom, le start-up europee nel campo delle tecnologie climatiche – attive in settori molto diversi come la mobilità elettrica, la fissione nucleare e le “proteine ​​alternative” (alternative a quelle animali, dunque, prodotte da piante o proteine cellulari cresciute in laboratorio o fermentate) – hanno raccolto 20,2 miliardi di dollari lo scorso anno, solo leggermente al di sotto del record di 20,4 miliardi di dollari, raggiunto nel 2022. Investimenti che in totale hanno rappresentato il 43% di tutti gli investimenti su tecnologie climatiche a livello globale, in capitale di rischio – capitale, dunque, utilizzato per finanziare, anche se l’investimento è rischioso, l’avvio di un’attività in settori ad elevato potenziale di sviluppo e innovazione – rispetto al 29% nel 2022.

L’apprendimento automatico

Lynn Kaack guida, alla Hertie School di Berlino, il gruppo sulla governance dedicato all’Intelligenza Artificiale e alle tecnologie climatiche e, all’interno di un dibattito organizzato sul tema dal Financial Times, chiarisce come l’IA non sia ovviamente “una soluzione miracolosa contro il cambiamento climatico”. Insomma, nessuna ricetta in grado di salvare l’umanità può giungere solo dalle tecnologie: “Le start-up di successo – afferma Kaack – utilizzano l’apprendimento automatico come elemento in applicazioni piuttosto tecniche, per esempio, come prevedere l’evoluzione delle nuvole per gestire meglio una rete elettrica con quote elevate di solare fotovoltaico”. Una di queste società è la start-up olandese Overstory, la cui tecnologia analizza le immagini satellitari per individuare i punti in cui la vegetazione invade le linee elettriche.

Le informazioni ottenute consentono alle aziende elettriche di limitare il verde incriminato, prima che causi interruzioni di corrente o incendi. Quando è stata fondata, nel 2018, l’obiettivo di Overstory era utilizzare l’apprendimento automatico per rilevare la deforestazione. Ma, dopo due anni, il management ha scelto di concentrarsi sui servizi di pubblica utilità che già avevano investito molto nel monitoraggio della vegetazione. “Offriamo loro una visione a livello di rete, dei rischi causati dalla vegetazione”, afferma l’amministratore delegato Fiona Spruill.

“Le aziende non hanno mai avuto questa tecnologia e le immagini satellitari consentono loro di individuare i rischi che eventi meteorologici sempre più estremi comportano, in modo più rapido e, si spera, più conveniente”, afferma Spruill. E sottolinea un concetto di buonsenso: l’Intelligenza Artificiale è valida solo quando lo sono i suoi “dati di addestramento”. Per questo la società si affida a esperti che aiutano a “etichettare le immagini”, anche se a volte sono ancora necessarie vere e proprie visite a siti particolari. Dello stesso parere Yanis Souami che guida Sinay: addestrare modelli di Intelligenza Artificiale in grado di riconoscere la vita marina, come delfini, tartarughe e uccelli marini, dice, richiede input “a bassa tecnologia”. È necessario che “esperti nel riconoscimento delle specie li tagghino fisicamente e poi addestrino la macchina”.

Alex Marti è amministratore delegato di Mitiga, start-up spagnola che utilizza l’High-performance computing (HPC) – la capacità di elaborare i dati ed eseguire calcoli complessi ad alta velocità – per valutare il rischio di disastri naturali. Il suo punto di vista è molto interessante e mette in evidenza un rischio con cui occorre fare in conti quando si ha a che fare con i sistemi di Intelligenza Artificiale: quello che riguarda la possibilità che questi sistemi incorporino gli stessi pregiudizi dei dati su cui sono addestrati.

Insomma, conclude il dibattito promosso dal FT, Kaach della Hertie School: la valutazione della tecnologia richiede una prospettiva ampia. Che tenga conto, per esempio, anche di quanto consumano a loro volta, in energia e acqua, i data center: “Dobbiamo chiederci, ovunque venga applicata l’intelligenza artificiale: in che modo questa applicazione riduce o aumenta le emissioni?”. Già, perché in quanto “strumento multiuso nelle nostre mani”, può essere utilizzato anche per “danneggiare il clima”.

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Ho scritto “Opus Gay", un saggio inchiesta su omofobia e morale sessuale cattolica, ho fondato GnamGlam, progetto sull'agroalimentare. Sono tutrice volontaria di minori stranieri non accompagnati e mi interesso da sempre di diritti, immigrazione, ambiente e territorio. Lavoro in Fondazione Luigi Einaudi