Il Testo Unico in materia di stupefacenti e sostanze psicotrope è strutturato secondo un sistema tabellare che alza la pressione anche al più attento dei cardiologi: atti di natura amministrativa individuano le sostanze ritenute stupefacenti o psicotrope e così integrano il precetto penale dell’articolo 73. Tra foglie di coca ed oppiacei, barbiturici e benzodiazepine, morfina ed allucinogeni, nelle tabelle fa capolino anche la cannabis. Il riferimento, a voler essere precisi, è alla cannabis ed ai prodotti da essa ottenuti, e segnatamente “Cannabis (foglie e inflorescenza), Cannabis (olio), Cannabis (resina)”, senza alcuna indicazione della percentuale di THC eventualmente contenuta.

Le sanzioni

Il combinato disposto dell’art. 73, commi 1 e 4, sanziona l’intero processo produttivo (coltivazione, estrazione, raffinazione) e la successiva “offerta al pubblico” (cessione, distribuzione, commercio, acquisto, trasporto, spedizione, procacciamento ad altri e chi più ne ha più ne metta) nonché, comunque, l’illecita detenzione al di fuori dell’ipotesi dell’uso personale. La pena va da 2 a 6 anni se il fatto non è tenue (e qui la pena si abbassa). In parallelo rispetto alle istanze punitive del Testo Unico si posiziona il mercato della Cannabis sativa L., regolamentato per la prima volta con la Legge 242/2016.
La Legge ha un margine di azione preciso: regolamenta le coltivazioni di canapa delle varietà di piante iscritte in un Catalogo UE – che, dunque, non rientrino nell’ambito di applicazione del Testo Unico – promuovendone coltura, trasformazione, ricerca, produzione di alimenti, cosmetici, materie prime biodegradabili, semilavorati innovativi per le industrie di diversi settori e via dicendo. E dunque, da un lato coltivare e commerciare cannabis è reato punito dal D.P.R. 309/1990, che non fa distinzioni in merito al “tipo” di cannabis o al livello di THC ivi contenuto; dall’altro è consentita ed anzi promossa la coltivazione della cannabis c.d. light.

I cannabis shop e i sequestri

Dal 2016 si assiste, per restare in tema, al fiorire dei cannabis shop in ogni dove. Ma fioriscono anche i sequestri, e si pone un problema di rilevanza penale del commercio di Cannabis sativa L.. Giunge puntuale la giurisprudenza di legittimità (il riferimento è alle temibili Sezioni Unite n. 30475/2019): la Legge del 2016 non vuole dare il via libera a qualunque utilizzo della c.d. cannabis light, ma solo alla produzione di fibre o alla realizzazione di usi industriali, non contemplando l’estrazione e la commercializzazione di un derivato con funzione stupefacente o psicotropa.

E dunque, secondo la Cassazione, “la commercializzazione dei derivati dalla coltivazione della cannabis sativa L., che pure si caratterizza per il basso contenuto di THC, vale ad integrare il tipo legale individuato dalle norme incriminatrici”. E questo perché la legge in materia di stupefacenti parla di “cannabis” senza precisare, come detto, il quantitativo di THC penalmente rilevante. Il paradosso? La stessa Corte precisa – e per fortuna – che la commercializzazione è penalmente rilevante “salvo che tali derivati siano, in concreto, privi di ogni efficacia drogante o psicotropa, secondo il principio di offensività”. È richiesto, perciò, un accertamento in concreto nel processo penale, perché il buon senso vuole che non si vada in carcere per 13 kg di basilico.

Cosa vieta il DDL Sicurezza

A confermare la deriva proibizionista e con l’esplicitato fine di evitare che la malvagia Cannabis sativa L. possa “favorire, attraverso alterazioni dello stato psicofisico del soggetto assuntore, comportamenti che espongano a rischio la sicurezza o l’incolumità pubblica ovvero la sicurezza stradale” (con buona pace dell’alcool), il DDL Sicurezza, oggi in esame al Senato, vorrebbe vietare l’importazione, la cessione, la lavorazione, la distribuzione, il commercio, il trasporto, l’invio, la spedizione e la consegna delle infiorescenze della canapa, anche in forma semilavorata, essiccata o triturata, nonché di prodotti contenenti o costituiti da tali infiorescenze, compresi gli estratti, le resine e gli oli da esse derivati. Tremate, dunque, voi che sotto la doccia usate il bagnoschiuma alla canapa. Siete i prossimi.

Marianna Caiazza

Autore