Storie di ordinaria ingiustizia continuano a flagellare i diritti dei detenuti, che dovrebbero subire solo la privazione della libertà ed iniziare il percorso di recupero previsto dalla Costituzione e dalle norme vigenti. Diritti inviolabili, come la dignità personale e la salute, non trovano alcun rispetto. L’abbandono e, spesso, trattamenti inumani e degradanti costringono a gesti disperati di autolesionismo, fi no al suicidio. Dall’inizio dell’anno i morti sono 98, tra questi 49 suicidi. In Campania vi sono stati 9 decessi, più di uno al mese. L’ultimo suicidio a Secondigliano, prima ancora a Poggioreale e ad Arienzo.

Vite spezzate di persone disperate che non intravedono – ed a cui non si fa intravedere – una soluzione alla loro ingiusta sofferenza. La Giunta dell’Unione delle Camere Penali Italiane, unitamente al suo Osservatorio Carcere, ha inoltrato, il 7 agosto scorso, una lettera al capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, con la richiesta di un urgente incontro affinché l’avvocatura venga messa a conoscenza delle modalità con cui viene affrontata questa drammatica emergenza, aggravata dall’incessante caldo. Immediato il riscontro del Dap e ieri i responsabili dell’Osservatorio Carcere Ucpi, unitamente al referente di Giunta, hanno visto a Roma Carlo Renoldi, da pochi mesi alla guida del Dipartimento. L’8 agosto è stata inviata, a sua firma, una circolare ai Provveditorati regionali e alle Direzioni degli istituti di pena, per la prevenzione delle condotte suicidarie delle persone detenute.

È previsto che siano gli staff multidisciplinari – composti da direttore, comandante, educatore, medico e psicologo – a svolgere in ogni istituto l’analisi congiunta delle situazioni a rischio, al fine di individuare dei protocolli operativi in grado di far emergere i cosiddetti eventi sentinella, rivelatori del rischio di un successivo possibile gesto estremo. La circolare prende atto della tragedia di quanto sta avvenendo, ma non tiene conto delle condizioni in cui versano la maggior parte degli istituti, privi di personale specializzato e, a volte, dello stesso direttore/direttrice.

A Poggioreale, ad esempio, ma la situazione è analoga in moltissimi istituti, vi sono solo 2 psichiatri e 9 educatori per oltre 2.000 detenuti. Quale attività potrebbe effettivamente svolgere lo staff multidisciplinare? L’ “evento sentinella” da chi potrebbe essere rilevato? La circolare del Dap resta, pertanto, un’idonea organizzazione per un carcere che non c’è. Che non c’è mai stato. Le probabilità che resti inattuata – perché inattuabile – sono altissime. Il problema – come le Camere Penali hanno ribadito più volte – è politico, perché il Parlamento non ha mai mostrato reale interesse ad un’esecuzione della pena con modalità legali, nonostante gli appelli di Pontefici e Presidenti della Repubblica. In questo torrido agosto, la politica pensa al suo futuro e non a quello del Paese, di cui il mondo dell’esecuzione penale fa parte a pieno titolo.

C’è una guerra in atto per conservare il comodo posto in Parlamento ovvero per accedervi per la prima volta. Una lotta senza esclusione di colpi, soprattutto di quelli di pura fantascienza politica, che vedono tripli salti mortali da uno schieramento all’altro ed unioni a dir poco impensabili, vista la passata storia dei gruppi politici e i percorsi personali dei protagonisti. Pallottoliere alla mano, dunque, si fanno i conti guardando i sondaggi, valutando il numero di elettori su cui ciascun partito può contare. Uno squallido vedere che offende i cittadini, ritenuti privi di pensiero politico e di capacità per valutare un serio programma elettorale. Così, mentre, giorno dopo giorno, aumentano i suicidi ed i morti in carcere – giovani vite di emarginati e non di pericolosi criminali – i segretari dei partiti restano con il pallottoliere a fare i loro conti, senza dirci come intendono arginare la mattanza di Stato, che si sta verificando nel nostro Paese. Sarebbe il caso che i politici oggi abbandonassero il pallottoliere, le cui palline dopo il voto inizieranno ad impazzire, decretando l’ennesima ingovernabilità e chiarire agli elettori quale futuro li attende.

In tema di carcere, ad esempio, si vorranno finalmente rispettare i principi costituzionali del 1948? Si vorrà dare seguito a quanto ci chiede il Consiglio d’Europa, dopo la condanna da parte della Corte Europea dei diritti dell’uomo dell’8 gennaio 2013? In tema di ergastolo ostativo si vorranno rispettare – e non aggirare – le precise indicazioni della Corte Costituzionale? Si vorrà dare seguito ai lavori degli Stati Generali dell’Esecuzione Penale, alla Legge Delega sulla riforma dell’ordinamento penitenziario, al lavoro delle numerose Commissioni ministeriali? Si vorrà spiegare ai cittadini che le misure alternative al carcere sono comunque delle pene che limitano la libertà e, allo stesso tempo, garantiscono il recupero sociale del condannato? E che per “certezza della pena” non s’intende “certezza del carcere”, ma che la condanna può essere scontata anche con altre modalità? E che “l’affettività” non è un pericoloso termine malavitoso, ma aiuterebbe i detenuti a superare, almeno in parte, le difficoltà quotidiane e contribuirebbe a stemperare le tensioni all’interno degli istituti? Le risposte chiare su questi temi ci potrebbero far comprendere da che parte stare.