Molti camaleontici giustizialisti
Caso Todde, il garantismo improvviso del Movimento manettaro
Ci risiamo: giustizialisti contro garantisti. Ma in Italia ci sono i garantisti? O è una specie di camaleontismo di chi – giustizialista fino al midollo – si trasforma nel suo contrario solo quando si tratta di difendere un amico di parte e di partito? Il “caso Todde” aggiorna uno dei tormentoni più abusati nel paese. Il Collegio di garanzia elettorale (una struttura della Corte d’appello di Cagliari che ha il compito di controllare le spese elettorali dei candidati) con una ordinanza-ingiunzione ha dichiarato decaduta dal consiglio regionale della Sardegna Alessandra Todde, sulla base di errori e irregolarità nella rendicontazione delle sue spese per la campagna elettorale del 2024. Se non è più consigliere regionale, non è più presidente della regione.
Il garantismo improvviso del Movimento manettaro
Per molto di meno un “grillino” (oops, oggi non si può più evocare Beppe Grillo, diciamo un aderente al Movimento 5 Stelle, versione Giuseppe Conte) di fronte a un atto della Magistratura – anche un atto amministrativo, beninteso – ha sempre richiesto le dimissioni di chiunque. La legalità non ha sfumature di grigio. O è, o non è. Certo, si può fare ricorso – come ha annunciato la signora Todde, giustamente – ma intanto, in casi come questo, se di mezzo non ci fosse una leader del Movimento, il verbo del M5S direbbe sempre: “Fatti da parte”. In questo caso, no. “Alla fine, si tratta soltanto di una questione meramente amministrativa” replicano i consociati di Alessandra Todde, dimenticando oltre a Grillo anche il proprio dna giustizialista. E rivolti alle (timide) sollecitazioni del centro-destra, che ha chiesto le dimissioni della presidente della Sardegna, non hanno saputo trovare argomenti migliori di questo: “Proprio loro che attaccano la magistratura quando ci sono casi che riguardano i loro esponenti?”.
A prescindere dal torto o dalla ragione sul “caso Todde” si tratta di affermazioni che dovrebbero essere bandite. O si è forcaioli con tutti, o con nessuno. Il merito e la forma sono due cose diverse, ma per chi ha creato il suo impegno politico sugli aspetti formali, la ghigliottina dovrebbe cadere sempre. Si dirà che il tema mi sta a cuore anche per fatto personale. Certamente. Ma proprio per questo, avendo pagato sulla mia pelle – in verità in compagnia di tanti altri personaggi pubblici, che hanno avuto la ventura di attraversare scrupolose inchieste giudiziarie, anche se concluse con esito negativo, per l’accusa – mi stranisce la permanenza di una doppia moneta, con cui si dovrebbe pagare la vera o presunta irregolarità.
Il caso Todde: cosa è successo
Non so valutare la gravità delle contestazioni rivolte alla signora Todde, mi basta – ed è bastato molto meno in tanti altri casi – l’autorevolezza istituzionale di chi muove le accuse: una struttura della Corte d’Appello, dedicata proprio all’analisi della correttezza delle spese elettorali. Sfugge, ed è una delle tante contraddizioni della politica pentastellata, la considerazione che la trasparenza è intrinsecamente legata all’esistenza di procedure da osservare. Secondo alcuni giornali Todde non avrebbe nominato un mandatario elettorale, cioè un garante che si fa carico di tutti gli atti e le spese, e la cui nomina dovrebbe essere obbligatoria. Non avrebbe utilizzato un conto corrente dedicato per le spese elettorali, previsto per legge. La sua campagna elettorale avrebbe fatto confusione nella rendicontazione delle spese riferibili a Todde e di quelle riferibili al M5S.
Altri giornali scrivono inoltre che ci sarebbero grosse discrepanze tra le spese effettuate (che supererebbero il limite prescritto dalla legge) e quelle rendicontate. Non solo, secondo il Collegio della Corte d’Appello, «non è stato prodotto l’estratto del conto corrente bancario o postale» e «non risultano dalla lista “movimenti bancari” i nominativi dei soggetti che hanno erogato i finanziamenti per la campagna elettorale». Tutte quisquilie? Todde ha fatto sapere sui social media che «la notifica della Corte d’Appello rappresenta un atto amministrativo che affronterò nelle sedi opportune perché ho piena fiducia nella magistratura». Significa che Todde farà ricorso presso un tribunale ordinario, che dovrà decidere se convalidare o meno la decisione del Collegio di garanzia elettorale. Bene, ma intanto?
Il giustizialismo dilagante
Dove sono finiti i duri e puri che in forza di questa intransigenza hanno conquistato il potere per una intera legislatura? C’è chi ha indicato il M5S tra gli eredi della Sinistra indipendente. Certo, questo doppio regime di moralità pubblica e politica lo condividono da tempo con il Pd e con la grande stampa mainstream, di centro-sinistra. Ma in Italia esistono davvero i garantisti? Se il dubbio rivolto all’area di Centro sinistra è solo una domanda retorica, il sospetto è che anche nel variegato mondo del Centro destra alberghi un garantismo di facciata.
Tra Lega e FdI non mancano certo forcaioli e giustizialisti dichiarati. Anzi, forse sono la maggioranza. In Forza Italia? Al netto dell’eredità di Silvio Berlusconi anche qui a molti tremano le gambe, quando si tratta di contestare la giustizia sommaria, mediatica e politica. Berlusconi aveva più volte evocato l’invidia sociale alla radice di questa ferocia a senso unico. Forse non aveva torto, nemmeno questa volta.
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