Sabino Cassese è stato l’autentica star della seconda giornata di Leopolda12. Il giurista, già ministro per la funzione pubblica nel governo Ciampi e giudice della Corte costituzionale, è intervenuto in collegamento intervistato da Matteo Renzi.

«Sono particolarmente preoccupato per la commistione tra poteri», ha detto Cassese nell’apertura del suo intervento, «che è alla base del caso degli accessi abusivi ai database». Il professore, interrotto più volte dagli applausi dei quattromila ospiti della Stazione Leopolda di Firenze, ha parlato della preziosa custodia delle informazioni e dei dati, autentico nucleo sensibile che le istituzioni devono impegnarsi a tutelare.

«Il caveau di una grande banca funziona con due chiavi, nelle mani di due figure diverse: un accorgimento perfino banale che mette il tesoro custodito al riparo da qualunque debolezza. Gli uomini sono demoni prima che angeli, è bene adottare misure di sicurezza che impediscano l’abuso nell’accessibilità ai dati. Mi sembra che le banche dati sulle quali può mettere le mani l’Antimafia siano decine. Incrociano tutti gli aspetti più privati delle nostre vite. Bisogna adottare precauzioni notevoli, per il futuro».

L’analisi del professor Cassese si è focalizzata poi sul ruolo della magistratura. «L’ordine giudiziario deve difendere se stesso, salvaguardare la propria indipendenza sia rispetto ad attacchi all’indipendenza che possono venire dall’esterno sia dall’interno, cioè dalle ambizioni di carriera dei magistrati stessi”, in questo senso “il compito del Csm è quello di uno scudo che difende dall’esterno ed impedisce esondazioni dall’interno”. Il caso dei Dossier del sottotenente Striano, alcuni dei quali comunicati a otto giornalisti indagati, coinvolge la responsabilità del mondo dell’informazione.

«Credo non ci sarebbe nulla di male se l’Ordine dei Giornalisti stilasse regole più stringenti che impediscano che i giornalisti diventino portavoce» delle Procure perché, viceversa, «abbiamo bisogno di un giornalismo indipendente» ma «se l’interprete diventa il messaggero non è più l’interprete. I media ci devono aiutare a capire qualcosa della realtà che ci circonda e non diventare il tramite di interessi di categoria o anche generali», ha aggiunto Cassese. Renzi gli chiede se la Procura nazionale antimafia va tenuta in piedi così com’è.

Con l’immancabile autoironia alla quale ci ha abituati, Cassese ha risposto: «Tutti noi, arrivati a una certa età, dobbiamo andare a fare il check-up». Un esempio utile a capire che le istituzioni giudiziarie non possono fare diversamente. «Dopo 30 anni bisognerebbe accertare se il fenomeno mafia e quello del terrorismo si presentino ancora negli stessi termini in cui si presentavano 30 anni fa, e se il ruolo della Procura antimafia debba essere quello di 30 anni fa. Quando si crea un organismo straordinario deve rispondere allo straordinario, e poi bisogna fare una verifica successiva». Al giurista le conclusioni: «Bisogna fare il check-up sullo stato di salute della Procura antimafia e deve rispondere alle ‘malattie’ da cui il nostro paese è colpito, questo bisognerebbe fare oggi per accertare se ce n’è ancora bisogno o no ». La platea della Leopolda ha tributato al professor Cassese due lunghi minuti di standing ovation.

Aldo Torchiaro - inviato a Firenze

Autore