“Le condotte attribuite al sottotenente Striano mi paiono, per numero e duratura, difficilmente compatibili con l’iniziativa di un singolo ufficiale, ipoteticamente infedele”. Il Procuratore nazionale Antimafia Giovanni Melillo parla da oltre un’ora – alla fine saranno cinque – davanti alla Commissione parlamentare antimafia quando fa la prima di una serie clamorosa di affermazioni in relazione al caso Striano, il tenente della Guardia di Finanza distaccato alla Dna che ha abusato del ruolo di custode e responsabile del gruppo Sos, la delicata banca dati cui la procura attinge per indirizzare e coordinare le indagini contro la mafia e contro il terrorismo. Un abuso che ha prodotto, per quello che è noto fino adesso, almeno 800 accessi abusivi relativi a circa trecento personalità, politici, manager, sportivi, artisti, persone salite per qualche motivo alla ribalta della cronaca e su cui il finanziare sentiva il “bisogno” di assumere informazioni. Spesso per consegnarle a giornalisti che le chiedevano per servizi giornalistici. Oppure, come nel caso di Gravina (Figc) per confezionare dossier oggi al vaglio della procura.

Il mercato delle informazioni riservate

Ottocento sono gli accessi fin qui accertati e analizzati dall’inchiesta della procura di Perugia. Ma alla fine saranno molti di più. L’inchiesta di Perugia è in corso, la Procura nazionale antimafia non è la titolare (la Dna non fa indagini), la competenza è di Perugia e ulteriori dettagli arriveranno, nei limiti del segreto istruttorio, già questa mattina quando sarà audito il procuratore Cantone. Melillo poteva quindi fare un intervento di tipo politico, gestionale e di analisi sui fatti accaduti e su una tendenza generale ormai acclarata. Il mandante o i mandanti di Striano, ad esempio. Il cuore dell’indagine. “Credo si possa dire – ha precisato Melillo – che in Italia esiste un mercato delle informazioni riservate. Che questo sia frutto di casualità, di debolezza delle reti informatiche o di logiche più sofisticate è una domanda che deve interrogare tutte le istituzioni che, dalla Dna ai vari corpi di polizia, sono vittime del fenomeno degli accessi abusivi che equivalgono ad attacchi informatici alle reti di sicurezza dello Stato”. Melillo ha fatto una relazione di due ore suddivisa in tre macrotemi: la sicurezza delle banche dati, il ruolo e i compiti della Dna; il proprio operato, di Melillo, “nei miei 21 mesi alla guida della Dna dal 22 giugno 2022 a oggi” e soprattutto “nei primi mesi fin quando il 23 novembre del 2022 ho chiesto l’allontanamento del luogotenente Striano”.

Stress test

Infine, i tempi e i modi in cui la Dna viene coinvolta nell’indagine sugli accessi abusivi e il profilo di Striano. Le banche dati sono “fondamentali per l’attività di indagine e di coordinamento delle indagini”. Fondamentali e “delicatissime perché con quei dati si può profilare la vita di ciascuno con massimo rigore”. Melillo lo precisa e lo ripete con enfasi così come valorizza il lavoro della Dna. Lo fa perché sente in questi giorni quotati opinionisti che ipotizzano “lo scioglimento della Dna” (lo ha fatto Sabino Cassese), politici che gridano all’eversione con l’arma dei dati riservati, altri ancora che “sembrano più preoccupati a specificare che Striano è un dipendente della Dna e non della Guardia di finanza”. E però, “quando sono entrato in via Giulia (sede della Dna, ndr) a giugno del 2022 mi sono subito reso conto che il gruppo dell’Unità Sos presentava criticità. L’8 luglio ho chiesto al ministero l’ispezione per verificare la sicurezza delle nostre banche dati e della rete informatiche. Ho chiesto una sorta di stress test e il risultato è stato una situazione al collasso”. Come che sia, la situazione trovata era tale per cui dopo pochi mesi, a novembre, Melillo chiede l’allontanamento di Striano e la rotazione dei suoi superiori che sono due magistrati: il procuratore Antonio Laudati (oggi indagato a Perugia) e, ancora sopra, Giovanni Russo, all’epoca responsabile e coordinatore del Servizio di gestione. Laudati resta in via Giulia. Russo viene promosso dal ministro Nordio alla guida del Dap. Passa qualche mese e si arriva a febbraio-marzo 2023. Nel frattempo (a novembre 2022), mentre Melillo faceva lo stress test ai sistemi informatici di via Giulia, il ministro Guido Crosetto presenta denuncia esposto alla procura di Roma per la pubblicazione di notizie vere ma riservate sul suo conto e sui propri affari prima di diventare ministro.

Gli accessi alle banche dati

Melillo, poi sottoposto ad una quindicina di domande dei parlamentari, è sempre molto attento a non uscire dal proprio ambito. Precisa però una serie di passaggi di “gravità estrema”. Ad esempio, la prima informazione sull’inchiesta della procura di Roma “mi arriva con settimane di ritardo perché quell’ufficio ritiene di informare per scritto Laudati ma non il sottoscritto”. Laudati non informa subito Melillo e quando lo fa banalizza: “Non sono accessi che riguardano le nostre banche dati”. Non è vero perché le indagini della procura di Roma hanno accertato la stessa firma e quindi lo stesso hacker istituzionale: il tenente Pasquale Striano che la Guardia di finanza ha voluto nel ruolo di analista di banche dati presso la Dna fin dal 2016. Melillo spiega che Striano può operare con diverse credenziali su diverse banche dati “e non perché, come Laudati ha provato a spiegare, lavora un po’qui e un po’ là”. I dati su Crosetto, ad esempio, non provengono dalle banche dati della Dna. Eppure li ha esfiltrati Striano che lavorava in via Giulia. Quindi, la domanda è: chi ha dato e lasciato a Striano così tanto potere? “Il mio ufficio è vittima di questa situazione”, è l’accusa del Procuratore antimafia. “Siamo stati descritti come la fabbrica dei dossier. Assurdo. Noi, come altri uffici dello Stato, siamo vittime soprattutto dell’infedeltà e del tradimento di altri servitori dello Stato”. Oggi si prosegue con Cantone. Sempre oggi i due procuratori saranno sentiti dal Copasir. Alle cinque ore di audizione ha partecipato, senza fare domande, l’ex procuratore della Dna Cafiero de Raho oggi senatore dei 5 Stelle e vicepresidente della Commissione antimafia.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.