È notorio a tutti, anche ai più distratti o a coloro che ancora fanno finta di approcciare con snobismo l’infosfera delle piattaforme social, che l’audience produce soldi e incassi. L’audience, che si misura con le visualizzazioni e le interazioni, è una dinamica di polarizzazione della nostra attenzione digitale che genera un flusso diretto, costante e trasversale di danaro, per coloro che sono bravi a far sbocciare o solo a cavalcare i trend. L’audience ha un suo mercato e si vende facilmente, così come hanno mercato e si vendono altrettanto bene i suoi derivati.

La popolarità

Il portato principale dell’audience è la reputazione, quello secondario e più diffuso è invece la popolarità, tanto improvvisa quanto amplissima, spendibile da persone fino all’altro giorno sconosciute che vengono così ingaggiate per tutto: dalle occasioni più classiche come i matrimoni, le comunioni e feste varie, alle inaugurazioni di una pizzeria, dalla sagra del carciofo alla promozione dell’ultimo modello di condizionatore. Dunque, se così stanno le cose, è inevitabile che questa merce, per quanto immateriale, diventi appetibile per chiunque abbia delle risorse disponibili da investire, a cominciare dalle organizzazioni criminali, che si sono sempre dimostrate creative e molto lungimiranti nel trovare nuove forme e modi di investimento e di riciclaggio dei loro proventi.

Quanti influencer ci sono in italia

Tant’ è da ingenui pensare che anche la camorra non abbia già scelto di investire risorse nella content economy, che solo nell’ultimo anno in Italia, stando ai dati del Rapporto I-Com 2024, ha generato un giro di affari di più di 4 miliardi di euro. Attualmente, nel nostro paese si contano ben 37.700 influencer – un numero per nulla contenuto se pensiamo che l’albo nazionale dei commercialisti conta ben 120.424 iscritti e quello degli avvocati 233.260 – si contendono un mercato dove la parte del leone la fa Instagram con un impatto di circa 3,3 miliardi di euro, seguito da TikTok con 446 milioni di euro e infine YouTube che genera annualmente una fetta pari a 279 milioni di euro. Ancora più interessante, è notare che il 34% dei ricavi è generato da creator con un seguito compreso tra 10mila e 49mila follower, mentre il 23% proviene da profili con oltre un milione di seguaci.

L’interesse delle organizzazioni criminali

Certo, l’interesse delle organizzazioni criminali nei confronti del presidio utilitaristico che influencer e creator riescono a garantire e verso i social media in genere, difficilmente costituisce il business principale, ma è indubbio che questo immenso valore finanziario, peraltro in crescita costante da almeno un decennio a questa parte, non sia diventato materia di comprensione e di partecipazione diretta anche delle organizzazioni criminali a cominciare dalla camorra. In rete ci sono indizi e segnali evidenti di questa presenza ed è sufficiente scandagliare la superficie dell’oceano degli account e quello dei video pubblicati, in particolare quelli che popolano Instagram e TikTok, per rendersene conto.

Il racconto

Intanto, in questa epoca dove tutto è mediatizzato anche la camorra o altre organizzazioni criminali hanno necessità di raccontarsi e raccontare per ragioni molteplici, la loro forza, il successo fatto di soldi facili, di agi, sfizi e lussi non accessibili, di status symbol, insomma di quell’universi iconografico che certifica il dominio di un territorio. Ciò è fondamentale per celebrare e far arrivare sugli smartphone dei follower modelli di vita premianti, stili e comportamenti ritenuti vincenti. Ecco quindi i video su TikTok dove si mostrano le mazzette da cinquanta euro, esibite a beneficio dei follower. Soldi facili che lanciano messaggi precisi. Al pari, ci sono i video delle feste per le scarcerazioni, così come ci sono gli account di ex o di para affiliati che diventano a loro volta influencer di camorra. perché raccontano storie, alimentano la narrazione di una camorra vicina alle fasce popolari, inondano il feed di messaggi dove la promozione di una attività commerciale si inframezza con quella dello stile di vita fatta di lussi e impunità.

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Domenico Giordano è spin doctor per Arcadia, agenzia di comunicazione di cui è anche amministratore. Collabora con diverse testate giornalistiche sempre sui temi della comunicazione politica e delle analisi degli insight dei social e della rete. È socio dell’Associazione Italiana di Comunicazione Politica. Quest'anno ha pubblicato "La Regina della Rete, le origini del successo digitale di Giorgia Meloni (Graus Edizioni 2023).