Contro la Pro Vercelli, nella seconda amichevole di stagione, il Napoli chiuderà oggi la prima parte del ritiro. Stavolta la partita sarà trasmessa in tv, nonostante i prezzi esorbitanti per i presenti a Dimaro, dopo l’inspiegabile esordio in clandestinità contro la Bassa Anaunia. La squadra, pur priva dei nazionali e infarcita di pochi giovani di belle speranze e parecchi esuberi da rivalutare o da piazzare sul mercato, ha lavorato tanto e bene.

Mister Luciano Spalletti ha tenuto la scena da par suo, incantando i tifosi (pochini) e i giornalisti presenti con sedute d’allenamento ad alta intensità tecnica e tattica, oltre che con conferenze stampa sempre ben calibrate e pungenti, dichiarando di sentirsi a Napoli come sul divano di casa. Bell’immagine, che ricorda la leggerezza dello straordinario alter ego di Anna Maria Ortese, la giovane Damasa Figueira de Il Porto di Toledo, divenuta tutt’uno con le viuzze e i pontili della sua città: paragone suggestivo ma pericoloso, perché al romanzo fa da sfondo il lungo preludio di una guerra. Speriamo che il divano partenopeo di Spalletti si riveli altrettanto intrigante ma senza nubi eccessive all’orizzonte.

Victor Osimhen e Kalidou Koulibaly sono i due elementi chiave del suo nuovo Napoli: per il primo, il tecnico toscano ha usato la carota delle belle parole e il bastone degli esercizi sul controllo di palla e i fondamentali di tiro; per il difensore senegalese, invece, ha tirato fuori una metafora già usata da Carlo Ancellotti, minacciando di incatenarsi ai cancelli di Castel Volturno in caso di cessione. Il nuovo allenatore, aiutato da alcuni calciatori che hanno finalmente deciso di fare outing, ha infine provato a disinnescare le polemiche ancora vive dopo Napoli-Verona. Nessuna novità, per carità: «una partita storta», questo il messaggio evidentemente concordato. Non che ci si aspettasse granché e ha ragione Spalletti quando dice che nel calcio bisogna pensare al futuro; ma le sconfitte aiutano solo quando sono analizzate con serietà, perché altrimenti rischiano soltanto di ripetersi.

Chissà cosa ne pensa il presidente Aurelio De Laurentiis che ha visto tutto da bordo campo e continua a litigare con chiunque: il Governo e la Lega di Serie A sull’apertura degli stadi, il Comune di Napoli sull’inaugurazione della statua a Maradona, tv, sponsor e procuratori. Poteva essere lui la vera star della campagna elettorale più noiosa dal dopoguerra: l’avrebbe resa ancora meno credibile, ma sicuramente più divertente e caciarona. Invece, siamo a fine luglio e sebbene si veda qualche manifesto qui e là, come cantava Patty Pravo, si fa fatica a seguire, anzi persino a cercare, un “dibattito” politico sulla città, avvolto nel disinteresse generale.

E siamo ancora in attesa della data di queste “elezioni sospese”, che avrebbero dovuto già tenersi a maggio. Solo la realtà non va mai in ferie, e così le proteste contro il G20 e le torture del carcere di Santa Maria Capua Vetere riaprono una ferita mai sanata, quella delle terribili vicende vissute a Napoli e a Genova vent’anni fa. Almeno su questo, i candidati a sindaco di Napoli farebbero bene a dire la loro.