Gli ultimi giorni ci hanno regalato due perle, il comizio d’altri tempi di Antonio Bassolino e la matinée a cinque stelle di Gaetano Manfredi. Much ado about nothing? È possibile, tuttavia la campagna elettorale sembra entrata finalmente nel vivo, dopo tanto torpore. Quello di Bassolino è stato innanzitutto un ritorno alle origini, il richiamo della foresta del vecchio Pci napoletano e di una politica fatta ancora di parole scandite e strette di mano tra la folla. Una prova di coraggio, al tempo dei social e della pandemia che hanno desertificato le piazze e i conflitti sociali. Alta l’età media, certamente, ma sarà difficile per tutti raccogliere l’entusiasmo dei giovani, diffidenti quando non estranei alle ragioni dell’impegno politico.

La giornata di Manfredi, invece, è stata così segnata dagli stereotipi locali – la pizza, il caffè, la maglietta di Maradona – da sembrare un capitolo inedito di Così parlò Bellavista, con la differenza che Luciano De Crescenzo ironizzava. L’assedio dei vertici del M5S ha prodotto un esito grottesco: un candidato controfigura di Funiculì Funiculà costretto a fingere di tifare Napoli e che l’ennesimo caffè con l’agitato Giuseppe Conte non lo rendesse nervoso. Si sa che Parigi val bene una messa, ma l’ex rettore ha sbagliato a fidarsi di una passerella oleografica che sembrava fatta apposta per replicare i versi di Giacomo Leopardi che illuminano di nuovo l’antica casa napoletana del sublime poeta in Vico Pero: «S’arma Napoli a gara alla difesa de’ maccheroni suoi; che a’ maccheroni anteposto il morir, troppo le pesa». È mancato solo il classico scugnizzo, con un purpo verace tra le mani.

Per I nuovi credenti, comunque, se la folgorazione di Manfredi sulla via di Maradona non è sufficiente, ci sono sempre le sfavillanti conferenze stampa di giugno di Aurelio De Laurentiis. Nel suo consueto stile alluvionale, il presidente del Calcio Napoli ha chiesto sobriamente l’abolizione dei sindaci, perché «servono i manager», l’abrogazione delle leggi sul calcio «vecchie di 40 anni» e la riforma di Fifa e Uefa, perché «Agnelli ha sbagliato, ma ha ragione nel merito». Insomma, nell’album di famiglia dell’Eca, quelli della Superlega sono i compagni che sbagliano. Sarà, ma in ogni caso lascia l’amaro in bocca che in due ore di dichiarazioni enciclopediche, De Laurentiis non abbia dedicato neanche una parola a Napoli-Verona, la partita indecente che è costata la Champions agli azzurri. Lo stesso ossessivo silenzio dei giocatori e del capitano Lorenzo Insigne, che intanto agli Europei regola senza sforzo mamelucchi e lanzichenecchi, in attesa di sfide più dure.

Nel frattempo, la città continua a sopravvivere e sprofondare e il cahier de doléances della mala gestio del “sindaco a distanza” Luigi de Magistris si arricchisce di nuovi capitoli: le anfore pericolanti del Virgiliano, la fatiscenza della fontana del Sebeto, lo scempio di Villa Pignatelli e la tragica farsa dell’ultima inutile delibera sulle multe pazze della ztl. Meno male che a ottobre si vota, anche se Luigi Compagnone è sempre lì a ricordarci che «governare Napoli non è impossibile: è inutile».