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La città ha bisogno di idee chiare, i candidati non facciano come De Laurentiis…
Gli splendidi Carmina Burana allestiti al San Carlo e la riapertura dell’Acquario nella stazione zoologica Anton Dohrn sembrano suggerire come Napoli possa, ancora una volta, rinascere. Certo, lo storico Acquario riapre nel degrado più assoluto della villa comunale, patetico omaggio dell’amministrazione cittadina al poeta fragile che cantava di fiori e letame, ma la fortuna è l’imperatrice del mondo, come principia l’opera di Carl Orff, e quella di Napoli è sempre stata imprevedibile.
Oggi Aurelio De Laurentiis è poco più che un ologramma. Ha annunciato su Twitter il nuovo tecnico Luciano Spalletti e lasciato trapelare qualche novità di mercato, dettagli sulle magliette “autarchiche” e il doppio ritiro estivo tra Alpi e Appennini, ma è rimasto tenacemente in silenzio sulle amare vicende sportive del Napoli e sugli scandali passati e presenti che sommergono il calcio italiano. Il presidente spera che la corsa del tempo non si riveli un’alleata crudele, come nelle liriche di Anna Achmatova, ma che sfinisca la rabbia e gli riconsegni la città senza sforzo, in quel misto di rassegnazione e illusione che ha sempre segnato in negativo la dialettica partenopea tra governanti e governati, prima e dopo il 1799. I candidati a sindaco, invece, hanno cominciato a parlare.
Non Antonio Bassolino, in campo da mesi, che ha annunciato persino un comizio di piazza, strumento novecentesco ma forse di nuovo attuale nelle prime elezioni post-pandemiche; Gaetano Manfredi e Catello Maresca sono invece ancora al debutto e di entrambi colpisce per ora il non detto. Come si possa fare una campagna elettorale con il centrodestra nazionale ma senza i partiti locali è lo spericolato gioco di prestigio tentato dal pm che rischia di non avere gambe e candidati per arrivare al ballottaggio. L’ex rettore, invece, non parla più di dissesto bensì di «Napoli mondiale» e tace clamorosamente su Luigi de Magistris e i disastri del suo governo.
Aver imbarcato nella sua grosse koalition, larga quanto litigiosa, anche chi sosteneva il “sindaco a distanza”, che nel frattempo ha perso alleati e credibilità anche nella sua avventura calabrese, può rivelarsi piombo nelle ali di Manfredi, già alle prese con le spine velenose del patto per Napoli. Ulteriori tassazioni locali, bad company e commissari a stralcio per il debito non sembrano, infatti, il biglietto da visita ideale per chiedere il voto ai napoletani.
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