Nell’anno di Dante, Mertens ci ha rimesso sulla «diritta via» della Champions. Resta però da stabilire se, dopo aver intravisto le cose belle «che porta ‘l ciel, per un pertugio tondo» grazie al notre petit Virgilio, saremo davvero in grado di uscire “a riveder le stelle”. In verità, a 700 anni dalla scomparsa del Sommo Poeta, nemmeno noi napoletani ci sentiamo troppo bene. Sarà la crisi, sarà il lockdown, ma sono più che altro i rimpianti, quelli che appesantiscono il cuore. Poteva essere lotta scudetto? Poteva essere Napoli capitale mondiale della cultura, del turismo, dei trasporti, e chi più ne ha più ne metta? Chissà. La realtà dice invece che c’è da faticare parecchio, per scalare il Purgatorio.

Nelle Malebolge camorriste, Malacoda e i suoi compari hanno ricominciato a mettere bombe, mentre si cancellano murales e altarini senza ottenere né verità né giustizia. Ci sarebbe il Recovery Plan, ma è troppo a Nord per ora e chissà se gli Stati generali del Sud convocati in fretta e furia riusciranno a metterci una pezza. A Napoli, oltre i soldi, servirebbe un giuramento della Pallacorda, per rimettere insieme i cocci dispersi della politica, della società e dell’imprenditoria cittadine, ma come fare se il “sindaco a distanza” è in Calabria, il presidente di Regione è a Salerno e quello della Camera a Roma? De Magistris è intervenuto agli Stati generali per difendere insieme Napoli e la Calabria, novello Garibaldi o cardinale Ruffo, fate voi.

In sua assenza, la Clemente e il suo kindergarten sono nella bufera per l’affidamento a privati dei giardini della villa comunale. Quisquilie per una città transennata da capo a piedi, direte voi; ma per gli “aranciones”, dopo 37 assessori sfioriti in anni di druidismo parolaio sui beni comuni, è un contrappasso evocativo, in primis per la Clemente; anche lei in fondo, come Chance il giardiniere di Peter Sellers, ha fatto una carriera fulminante pur non avendo mai espresso un’opinione. De Laurentiis, intanto, prosegue nel suo casting per l’allenatore del prossimo anno: deve essere bravissimo, bellissimo, “internazionalissimo” e costare poco, possibilmente niente.

Non sorprende che fatichi a trovarlo. La squadra pensa al presente, invece, e sa che dopo Pasqua la partita contro la Juventus sarà difficile e decisiva, as usual. Ma l’ultima spiaggia è sempre lunghissima, come scrive Alan Wurzburger, e nel pallone come in amore mai smettere di sperare. Si può dire lo stesso per la città e per le prossime elezioni, ancora distanti come un miraggio sahariano? Dipenderà dai soldi che arriveranno dal Recovery Plan e da chi sarà chiamato a gestirli. Per ora Napoli, senza denari e con troppi “penzieri”, sembra l’alter ego di San Supplizzio, immaginario paesino animato dal bel radiodramma di Sara Sole Notarbartolo. Solo che da noi lo “spero amato sindaco” è già sparito, a parte qualche proclama zapatista trasmesso de vez en cuando dalla Selva Lacandona di Cosenza. Ma tanto, che fa? Alla fine, come canta Lorenzo Hengeller, «Napoli è come una deriva esotica; se solo si trovasse in Svizzera, farebbe invidia anche all’America».