Populismo sportivo
De Magistris e il populismo sportivo, a Napoli non serve un fuoriclasse ma un vero sindaco

Niente, proprio non ce la fa. Luigi de Magistris non resiste alle lusinghe della demagogia e del populismo. E così, non appena la notizia della morte di Diego Armando Maradona ha cominciato a fare il giro del mondo, il sindaco di Napoli ha annunciato l’avvio dell’iter che dovrebbe portare lo stadio San Paolo a prendere il nome del fuoriclasse argentino. Qualcuno chiederà: non doveva farlo? Non è stato tempestivo? Posto che l’idea di intitolare il San Paolo a Maradona non è nuova né frutto della sensibilità della giunta comunale in carica, colpisce l’abilità con cui de Magistris cavalca l’onda emotiva dei napoletani. Al sindaco, però, manca la stessa solerzia quando si tratta di affrontare temi cruciali quali il dissesto finanziario del Comune, il livello dei servizi offerti a cittadini e imprese e, più in generale, la qualità della vita a Napoli.
È proprio la gigantesca figura di Maradona a ridimensionare ulteriormente quella, per la verità già assai modesta, di de Magistris. Il Pibe de oro è diventato l’idolo dei napoletani perché ha condotto non solo la squadra di calcio, ma l’intera città verso grandi traguardi. La simbiosi tra Diego e Napoli è stata talmente forte che il fuoriclasse argentino è diventato ben presto l’incarnazione dei vizi e delle virtù partenopei. Anzi, come ha giustamente osservato l’ex ministro Clemente Mastella nell’intervista rilasciata al nostro giornale, Maradona ha svolto un ruolo politico diventando – più o meno inconsapevolmente – il primo ambasciatore di Napoli in Italia e nel mondo. Che cosa significa? Significa che il Pibe de oro è stato in grado di dare risposte alla sete di riscatto e di vittoria dei napoletani.
Al netto dei due scudetti e della coppa Uefa vinti dalla squadra azzurra tra il 1987 e il 1990, ai quali si aggiungono i trofei portati a casa da Aurelio De Laurentiis in tempi più recenti, quali successi sono stati centrati da Napoli negli ultimi anni? Pochi, soprattutto se si prende in considerazione il periodo dal 2010 a oggi. In questo decennio la città ha visto il disavanzo lievitare da 800 milioni a quasi due miliardi e 700 milioni, il livello dei servizi peggiorare in modo costante, la qualità della vita diventare sempre più bassa. Lo certificano anche statistiche come il Governance Poll, che colloca de Magistris al centesimo posto nella classifica dei sindaci più apprezzati, e il giudizio negativo che quasi sette napoletani su dieci hanno recentemente attribuito all’operato della giunta arancione durante la pandemia.
A questo punto, la domanda sorge spontanea: quanti altri anni Napoli dovrà attendere per centrare successi “veri”, cioè per vedere le finanze comunali risanate, i servizi rafforzati e la qualità della vita finalmente migliorata? Dovrà attendere l’avvento di un nuovo fuoriclasse come Maradona? La verità è che Napoli non può e non deve più aspettare. In fondo, alla città serve soltanto un uomo con idee, progetti, strategie e – perché no – ambizioni. Serve una personalità in grado di interpretare e soddisfare non solo e non tanto il sempre forte desiderio di rivalsa, ma soprattutto le esigenze più evidenti di un tessuto socio-economico travolto prima da anni di abbandono e poi dalla pandemia. In altre parole, a Napoli serve un sindaco. Un vero sindaco, un bravo sindaco. Tutto ciò che de Magistris, in dieci anni a Palazzo San Giacomo, ha dimostrato di non essere.
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