L’anomalia partenopea, da 50 anni a questa parte, è sempre stato il distacco della classe dirigente dalla vita politica cittadina. Questa forte anomalia è stato storicamente il “problema” di Napoli e della Città metropolitana ed è stata una delle cause della scarsa qualità dell’offerta politica cittadina. E gli ultimi dieci anni di disastrosa amministrazione de Magistris l’hanno evidenziato. A dispetto delle promesse elettorali e di iniziali richieste di collaborazione al governo della città, le attese di partecipazione dei cittadini sono state di fatto completamente disattese e mortificate. Negli ultimi mesi il desiderio di partecipazione, anche in reazione allo sfascio amministrativo, è cresciuto e ha dato vita a un movimento che in futuro potrebbe accorciare le distanze tra i cittadini e la politica.

Oggi Napoli e la Città metropolitana si ritrovano in una situazione di degrado civile e materiale senza precedenti alla quale ha contribuito la mancanza di un’opposizione netta e autorevole. Tutto ciò ha mandato in rovina i servizi pubblici e l’intera macchina comunale in un contesto già gravato dai ormai storici problemi di illegalità diffusa che l’amministrazione uscente, fuori dalla retorica propagandistica del sindaco, non ha combattuto. Anzi, su di essi ha opportunisticamente costruito la sua base sociale: basti pensare alla gestione delle sedi (di proprietà comunale) dei centri sociali e alla movida sul lungomare e nel centro storico. L’amministrazione ha dimostrato di non avere una visione organica della città, ma solo “soluzioni” astratte, minimaliste, autoreferenziali, ribelliste che dimostravano il rifiuto dello sviluppo economico e della modernità.

Questa situazione, però, ha determinato un unico fatto che, se ben governato, deve ritenersi positivo. Una parte non trascurabile dei cittadini ha ritrovato, quasi “per legittima difesa”, la voglia di dispiegare le proprie energie e volontà in numerose esperienze civiche, autonome dai partiti, costruendo l’unica vera opposizione all’amministrazione che si sia registrata negli ultimi dieci anni. Parlare di ottimismo oggi, nel contesto più generale che ci porta a vivere sulla nostra pelle questo problema, è parola grossa. Ma è parola grossa che dobbiamo usare almeno nel senso di ottimismo della volontà. Un ottimismo della volontà che evidentemente c’è, se constatiamo che da qualche mese tanti cittadini, associazioni e personalità anche con una qualche esperienza politica pregressa riflettono sulle strategie da adottare per garantire un futuro a noi e ai nostri figli.

Per sconfiggere il degrado, migliorare la vivibilità e i servizi a Napoli, dobbiamo raccogliere la parola di Giorgio La Pira, uno dei più grandi sindaci della storia d’Italia, secondo il quale le città sono «un patrimonio prezioso che siamo tenuti a tramandare intatto, anzi migliorato e accresciuto, alle generazioni che verranno», e vanno amate «come si ama la casa comune destinata a noi e ai nostri figli». Per costruire questa speranza abbiamo a disposizione tre cose: la resilienza, cioè la capacità di uscire da momenti di crisi, tipica di Napoli; l’elezione del nuovo sindaco (anche metropolitano) e del Consiglio comunale; la possibilità di utilizzare virtuosamente i fondi europei per combattere la crisi sanitaria ed economica. Nonostante un decennio di “disamministrazione”, Napoli ha l’energia per riprendere un cammino di sviluppo, se amministrata in modo efficiente e dotata di servizi di buon livello. Il motore di questo cambiamento possiamo essere noi cittadini, interpreti di un civismo impegnato e non retorico.

Le prospettive sono illustrate nell’appello presentato alla città il 24 luglio scorso. Ma vi è di più. In questi mesi si è lavorato anche per aggregare associazioni e comitati civici con gruppi di cittadini che esprimono culture e sensibilità politiche strutturate in precedenti esperienze. Dall’incontro di queste forze, dal confronto di idee e programmi, da un comune obiettivo nell’interesse generale dei cittadini, è nata la volontà di costruire una piattaforma comune, un vero e proprio patto di rete che, ispirandosi alla lealtà reciproca e in autonomia rispetto ai partiti, possa mobilitare nuovi entusiasmi e nuova fiducia nei cittadini.

A breve lanceremo un documento, cioè il Patto di Rete di Civica, che tra l’altro determinerà le modalità di azione comune e il principio di autonomia dai partiti, non per negare il necessario dialogo con questi ultimi, ma proprio per alimentare un’interlocuzione autorevole e strutturare un programma politico-amministrativo con proiezione al 2031. Intendiamo mobilitare cittadini, imprese, professionisti, intellettuali, competenze. Noi abbiamo bisogno di una Napoli che non solo sia bene amministrata, ma che torni anche ad avere un’idea di sé almeno per il prossimo decennio, l’orizzonte temporale minimo per un progetto credibile.