Ho letto e condiviso l’articolo di Marco Demarco sulla tendenza, oggi ben radicata a Napoli, a non realizzare progetti concreti, ma a rappresentare questi ultimi attraverso murales e targhe commemorative. Credo sia utile provare a utilizzarlo per discutere pacatamente dello stato della nostra città. È vero, c’è chi pensa che con qualche murale e qualche adempimento toponomastico si possa tracciare il segno identitario di una città, quasi fosse soltanto un problema di immagine. Intendimento risibile, a mio avviso. Napoli è ormai allo stremo e sempre più appare senza presente e senza futuro. Siamo seri, chi sa dire cosa sarà la Napoli del prossimo decennio? Quali saranno le opzioni per definirne il destino sociale e produttivo?

Quali forze saranno chiamate a costruire la nuova classe dirigente? Ad oggi siamo di fronte a un immenso buco nero, figlio di un decennio di insipienza e di propagandismo populista. L’era del sindaco Luigi de Magistris va verso la conclusione trascinandosi dietro un nulla come quello descritto nella Storia Infinita e per di più non c’è traccia di nessun Atreiu. La borghesia cittadina è ormai annichilita, incapace di prospettare indicazioni o di offrire competenze per il governo locale. I ritardi su Bagnoli hanno radici antiche, ma mai si è fatto passare inutilmente il tempo come in questi dieci anni. L’area orientale continua a essere un enorme concentrato di degrado e di insediamenti incompatibili con ogni ipotesi di sviluppo ecocompatibile.

I grandi contenitori petroliferi restano lì, immutabili e inamovibili. Eppure c’era stato un tempo in cui il confronto tra politica, cittadini e imprenditori aveva segnato interessanti e praticabili progetti. L’urbanistica è scomparsa, divenendo materia “di proprietà” di un assessore indifferente a ogni possibile confronto. Il patrimonio abitativo pubblico continua a scivolare verso il baratro, mentre gli amministratori continuano a masturbarsi nello scontro epocale contro l’imprenditoria privata: da Romeo Gestioni siamo passati a Napoli Servizi e non si hanno più notizie né sulla redditività né sugli interventi manutentivi. Non parliamo delle risorse economiche, poiché già tanto si è detto e, a mio avviso, rimane solo la strada della dichiarazione del dissesto finanziario.

Sento Enrico Panini, il vicesindaco, intervenire su Televomero (che fa un baffo a TeleKabul) e ripetere che bisogna allentare le norme di prevenzione del Covid-19, secondo lui vere responsabili della crisi dell’economia cittadina. Un’economia che – sia chiaro – è fatta di pizze, pizzette, cornetti, cicchetti e tavolini. Insomma, parliamo del vuoto più assoluto, cifra dell’assenza di qualsiasi strategia sociale ed economica. Alcuni sostengono che ormai il tempo di de Magistris stia per scadere e che, di conseguenza, il sindaco non sia più un problema. Invece lo sarà ancora a lungo se la politica non riuscirà a costruire una credibile alternativa. La politica, la conoscenza, il confronto, la capacità di scegliere, in questi anni, sono state cancellate. Se vogliamo salvare noi stessi e Napoli, dobbiamo urgentemente recuperare questi valori.