Dev’esserci un virus per le strade di Napoli. Non quello cinese che sta mettendo in ginocchio il mondo, ma uno più subdolo e, per certi versi, più dannoso. Cioè quello dell’autoreferenzialità. Il paziente più illustre sembra essere il Comune che, nei giorni scorsi, ha fatto registrare un nuovo sintomo: dopo mesi passati a inaugurare murales e targhe, il sindaco Luigi de Magistris ha pensato bene di istituire un’utilissima giornata dell’orgoglio napoletano. Come se alla città servissero sterili manifestazioni identitarie e non un programma di governo capace di sciogliere i nodi del debito record, della pessima qualità dei servizi e della manutenzione inesistente.

Chi si interroga sul dopo-Dema, però, sembra essere colpito dalla stessa malattia. Nei giorni scorsi è stata salutata come un «miracolo all’ombra del Vesuvio» la nascita di due movimenti civici, Per Napoli Civile e Ricostituente per Napoli, ai quali ha aderito il fior fiore della borghesia partenopea. Di questo rinnovato protagonismo dei movimenti abbiamo già sottolineato le pecche. Nel caso di Per Napoli Civile, non si può ignorare come i suoi principali animatori siano prevalentemente espressione dei quartieri del centro, a cominciare da Chiaia e Posillipo. Quanto a Ricostituente per Napoli, colpisce l’omissione di un giudizio sui fallimenti dell’amministrazione de Magistris, tanto da far nascere il sospetto che quel movimento non sia altro che una summa dell’intellighenzia arancione sotto più o meno mentite spoglie. Bene l’attivismo, dunque.

C’è qualcosa, però, che lascia perplessi: l’autoreferenzialità. Ciascun movimento, infatti, tende a parlare di sé e a presentarsi come unico elemento di rinnovamento del dibattito cittadino. Sergio D’Angelo ha già magnificato le sorti di Ricostituente per Napoli presentandolo come «l’unica novità positiva degli ultimi anni». Altri hanno definito la strategia della compagine, cioè «il rinnovamento nella continuità». Un ossimoro, quest’ultimo, che alimenta un dubbio: Ricostituente per Napoli è pro o contro de Magistris? Che cosa intende rinnovare e per quale motivo? Quale testimone intende raccogliere? Interrogativi che, fino a quando resteranno senza una risposta netta, faranno pensare a quel movimento come a un erede di Dema, la formazione creata a suo tempo dal sindaco e poi sparita dai radar della politica.

E sul fronte opposto? Da Per Napoli Civile, che ha l’indiscutibile merito di aver esplicitato il giudizio negativo sull’amministrazione arancione, ci si aspetta qualcosa di più. A una settimana dall’apertura del dibattito sul dopo-de Magistris, è lecito attendersi una proiezione nel concreto. E cioè che gli esponenti del movimento entrino nel merito dei problemi della città e chiariscano la loro strategia per contenere il debito, migliorare la qualità dei servizi, disciplinare la movida, rilanciare le periferie, assicurare la manutenzione del verde e garantire più sicurezza. Qualche indicazione è arrivata, ma non basta.

Un invito, allora, a Ricostituente per Napoli: prenda posizione sugli ultimi nove anni di amministrazione e faccia capire da che parte sta. A Per Napoli Civile: indichi i progetti strategici per il rilancio della città. A entrambi i movimenti: si confrontino rifuggendo qualsiasi forma di autoreferenzialità. Napoli ha bisogno di questo. L’epoca dei murales e delle targhe come surrogato delle opere da realizzare va archiviata al più presto.

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Classe 1987, giornalista professionista, ha cominciato a collaborare con diverse testate giornalistiche quando ancora era iscritto alla facoltà di Giurisprudenza dell'università Federico II di Napoli dove si è successivamente laureato. Per undici anni corrispondente del Mattino dalla penisola sorrentina, ha lavorato anche come addetto stampa e social media manager prima di cominciare, nel 2019, la sua esperienza al Riformista.