Lo sfogo
Consiglio comunale di Napoli, quando finirà questo teatrino?

Ieri, in Consiglio comunale, è stato rappresentato un ennesimo atto della messa in scena che è tragedia nelle conseguenze, ma farsa nell’azione scenica dei protagonisti. Al centro di questa parodia c’è Luigi de Magistris, figura ormai grottesca: ex magistrato, poi tribuno, infine banditore presso le televisioni a ogni ora e su qualsiasi canale, ma mai sindaco a tempo pieno. L’unico suo interesse sembra essere approvare bilanci previsionali che non si realizzano e bilanci consuntivi in cui non prende atto del dissesto conclamato ormai da dieci anni.
Perché? Non è dato capire, ma tutto lascia pensare che, in mancanza di prospettive politiche, egli resti attaccato al potere che il ruolo gli consente di continuare a esercitare, cercando nel contempo di costruire qualcosa per il proprio futuro. Comprensibile sul piano umano, ingiustificabile su quello politico e istituzionale. Intorno a questo “protagonista” negativo, la rappresentazione si arricchisce di altre figure.
La prima è la maggioranza. Non c’è più. Non ha i numeri. In realtà, a parte un paio di figure che avevano avuto qualche ruolo di rilievo nei primi atti e poi approdate in altri e più stimolanti consessi, la maggioranza non si è mai distinta e ha sempre interpretato il ruolo di comparsa, le cui poche battute erano concordate e prevedibili. Capacità di “docere, delectare et movere”? Nessuna.
Dall’altra parte, l’opposizione che, almeno sulla carta, da minoranza si è trasformata in maggioranza. Se questa fosse davvero un’opera teatrale, potremmo dire che qui l’autore raggiunge vette elevate quanto al disegno dei personaggi, dei sentimenti che li muovono, degli interessi che li avvicinano o li allontanano, dell’intreccio di relazioni e accadimenti. Come in tutte le buone pieces, nessuno è ciò che sembra o fa ciò che dice o dice ciò che fa e perché lo fa. Sta allo spettatore comprendere le motivazioni di ciascuno. Qui nasce la pantomima. Gli ingredienti ci sono tutti: lotte intestine nei partiti, cani sciolti che si preoccupano solo del proprio interesse e sono disponibili a qualsiasi compromesso, dimissionari che non si dimettono fino a protagonisti, almeno presunti, di vero e proprio voto di scambio e che, in attesa di sentenza, continuano a praticare questa logica mercatistica.
Rispetto a queste figure che si muovono scomposte sulla scena, il protagonista attua le più diverse strategie, in linea con le rispettive debolezze. Chi blandisce, chi convince in separata sede, chi minaccia. Per i più riottosi inserisce nei provvedimenti generali quelli relativi a specifici gruppi, siano le maestre o gli Lsu, così da istigare questi gruppi a esercitare le pressioni che convincano gli incorruttibili. Così arrivano sulla scena i rumori di ciò che avviene fuori, sotto le finestre del Palazzo, come nelle migliori opere, con tanto di cori astiosi di questi cittadini aizzati contro i consiglieri che vorrebbero recitare fino in fondo il ruolo di opposizione.
E veniamo agli ultimi atti fin qui rappresentati. Ieri, per l’appunto, l’opposizione ormai maggioranza avrebbe potuto per l’ennesima volta mettere fine alla rappresentazione purché tutti i suoi “attori” si fossero presentati sulla scena e avessero espresso il proprio voto contrario al bilancio previsionale. La conseguenza sarebbe stata la nomina di un commissario e finalmente la fine del protagonista e dei suoi comprimari. Ma non tutti si sono presentati e senza dare motivazioni agli spettatori, così gli altri hanno ben pensato di non rispondere all’appello e di non far raggiungere il numero legale.
Il prossimo atto sarà la riunione in seconda convocazione per la quale si prevede un numero legale più basso. Grazie a questo artificio il nostro protagonista spera di poter approvare il bilancio e mettere a segno l’ennesimo coup de théâtre. Vedremo che faranno i vari oppositori e da questo gli spettatori potranno trarre la morale che sempre le opere portano con sé. Sarà che ogni uomo ha un prezzo, e in questo caso è davvero piccola cosa, o che l’onestà, alla fine, trionfa sulla meschinità? Noi spettatori restiamo in non trepidante (e neanche fiduciosa) attesa dello sperato ultimo atto.
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