Siamo ormai a due mesi dalla ripresa delle attività economiche dopo la pausa estiva e ad un mese e mezzo dall’inizio dell’anno scolastico; stesso tempo dall’inizio della recrudescenza della diffusione del virus. Cosa è accaduto in questo periodo e quali siano le relazioni causa-effetto non è semplice dirlo. Salta all’occhio anche al meno esperto che il Paese ha dimostrato una totale incapacità di gestire i tempi e le interdipendenze tra scuola-lavoro-trasporto pubblico-esigenze di distanziamento e sicurezza dal contagio. Ma chi avrebbe dovuto farlo? Le responsabilità ricadono su tutti i livelli dell’organizzazione dello Stato, dal Governo ai Comuni passando per le Regioni. Come sempre ciò porta allo scaricabarile, al conflitto, alla deresponsabilizzazione. Siamo al paradosso: il fatto che più soggetti possano e debbano intervenire, invece di garantire che qualcosa si faccia, conduce alla totale inazione. La gestione dei tempi è un classico e tragico esempio.

Partiamo dal Governo. Che ci fosse bisogno di gestire i tempi era evidente. Soprattutto il problema della ripresa delle attività scolastiche in presenza rendeva assolutamente necessario prendere decisioni. Era chiaro. Ma la ministra Lucia Azzolina, almeno fino a metà ottobre, non ha voluto prendere in considerazione indicazioni univoche, su tutto il territorio, in merito allo scaglionamento degli orari delle lezioni, malgrado le sollecitazioni. Collegato c’è il problema dei trasporti pubblici locali rispetto ai quali il governo Conte ha fatto il solito giochino: vara un Dpcm che dà potere e soldi alle Regioni, ma poi non emana i decreti attuativi.

Così poi può incolpare le Regioni (in maggioranza di centrodestra) e non spendere i soldi (che non ha a sufficienza, mentre quelli che sborsa non soddisfano i reali bisogni del Paese, come dimostrano i banchi a rotelle e il bonus-monopattino). Ovviamente, il problema non viene risolto anche perché non c’è accordo con le Regioni che fin da agosto si sono opposte alle proposte di scaglionamento degli orari, alla fine demandato ai poveri dirigenti scolastici i quali però non hanno alcun controllo sui trasporti. Resta la responsabilità dei sindaci, soprattutto di quelli delle aree metropolitane, a maggiore complessità e criticità.

Vediamo la situazione di Napoli. Sono nove anni che Luigi de Magistris, il “sindaco che rispetta la legge”, non rispetta la legge. Infatti, la legge 53 del 2000 obbliga Comuni e Città metropolitane a dotarsi di un piano territoriale degli orari. Il sindaco di Napoli ha l’obbligo di farlo, ma non lo ha fatto per nove anni. E – cosa ancora più grave – non l’ha fatto neanche adesso che con il Covid diventa importantissimo differenziare gli orari per evitare assembramenti. Anzi, in questi anni l’amministrazione arancione ha distrutto il trasporto pubblico locale portando le aziende Anm e Ctp al fallimento, senza mezzi, senza treni, senza autobus, con funicolari chiuse, con tram nuovi nei depositi resi inaccessibili da lavori assurdi. In queste condizioni è indispensabile diversificare gli orari di apertura e chiusura di scuole, uffici, attività commerciali. Serve per evitare di arrivare al lockdown totale. È un’azione preventiva necessaria. Non è il solo caso di possibili provvedimenti anti-Covid che de Magistris non ha adottato. Un altro caso è stato quello degli orari dei locali della movida, altro “imputato” della recrudescenza del contagio. A pensar male viene il sospetto che de Magistris preferisca il lockdown per poi incolpare il governatore Vincenzo De Luca. Si sa, a pensar male si fa peccato…

È giunto il momento, quindi, di dotare la città di un piano territoriale degli orari. Il sindaco ha l’obbligo di farlo da sempre, ma adesso ha l’obbligo morale di agire! Perché la pandemia rende urgente e indispensabile gestire i tempi della città per orientare e distribuire gli spostamenti delle persone in funzione delle carenze del trasporto pubblico ed evitare gli assembramenti. La pandemia ci ha dimostrato quanto sia importante avere amministratori seri e capaci e quanto sia indispensabile avere un sindaco responsabile che agisca nell’interesse dei cittadini. Quando questo manca, se ne avvertono le conseguenze. Ora c’è un’ennesima iniziativa delle associazioni dei cittadini di Napoli, parti integranti di quella società civile che, in questi anni, ha condotto in modo eroico l’unica seria e costante opposizione all’amministrazione arancione e al patto consociativo che regge la Città metropolitana.

È una petizione promossa dall’associazione VivoaNapoli, attraverso la piattaforma change.org, per l’approvazione di un piano territoriale degli orari. Servirà a poco perché tutto fa pensare che de Magistris non abbia l’interesse né le capacità per fare questa come tantissime altre cose che sarebbero necessarie. Io, però, ho firmato e vi invito a fare altrettanto. Soprattutto invito i miei concittadini a coinvolgersi di più nella scelta dei nostri prossimi amministratori, a farsi avanti se si hanno competenze da mettere a disposizione. Perché la nostra sicurezza, il nostro benessere, il nostro futuro dipendono da questo.