Dopo anni di silenzio e di assenza dal dibattito politico cittadino il Partito Democratico si presenta all’opinione pubblica e ai partiti del centrosinistra con una due giorni di conferenza programmatica. Il 2011 e il 2016 sono le due date che i democratici napoletani devono mettersi definitivamente alle spalle: due date che hanno segnato la sconfitta e una crisi verticale per un partito divenuto terra di conquista da parte dei capibastone armati di tessere e potere clientelare. In entrambe le occasioni il Pd non è riuscito neppure ad arrivare al ballottaggio. Eppure, in entrambe le occasioni, aveva carte da giocare per vincere, prima con Andrea Cozzolino e poi con Antonio Bassolino.

Le primarie, che dovevano rappresentare l’opportunità per trovare un canale di nuova comunicazione con la società cittadina, sono state bruciate da uno scontro interno tanto brutale quanto cieco. La sofferenza di questo partito è divenuta sempre più evidente nel corso dei lunghi anni dell’amministrazione de Magistris. Nulla è avvenuto in questi anni nell’azione politica dei democratici, eppure lo sfacelo compiuto dagli arancioni avrebbe preteso una opposizione ferma e ricca di indicazioni programmatiche. Invece ha prevalso un devastante nulla. Quanto valga oggi il Pd è difficile dirlo e, davanti, c’è l’importante scadenza elettorale regionale che finora è stata gestita interamente dal governatore uscente Vincenzo De Luca. È lui che ha mosso interessi diffusi e definito i contorni della coalizione. Difficile sarà per il Pd gestire un’alleanza così larga e complessa.

Ma torniamo alla conferenza programmatica. Il centro del lavoro pare composto dai tavoli tematici, invero molto numerosi e diretti da un mix tra dirigenti di partito e titolati esterni che rappresentano il lavoro svolto in questi mesi dal giovane segretario provinciale. Nella composizione di queste scelte appare la volontà di riconnettere il partito con pezzi della società napoletana che, stanca delle logiche di guerra interna, aveva trovato affascinante il primo progetto del sindaco con la bandana. Penso a Marco Esposito, a lungo assessore comunale al Bilancio di Napoli, ma poi allontanatosi perchè deluso dalla gestione di Dema.

Insomma sembra che Sarracino e Mancuso, aiutati da una generosa presenza di membri della segreteria nazionale e di autorevoli ministri, vogliano ricostruire una unità propositiva con il diffuso elettorato democratico, spesso allontanatosi in questo ultimo decennio. Operazione interessante, notevolmente innovativa rispetto al recente passato. Eppure c’è una anomalia che mi pare azzardata, cioè che il segretario non apra i lavori con una propria relazione politico-programmatica. Su cosa pensano di discutere, quindi, i tanti gruppi tematici?

Come si traggono, per questa strada, conclusioni capaci di assicurare al Pd un ruolo da protagonista già da lunedì prossimo? Perché il tema è come si aprirà una inedita stagione politica che dovrebbe portare il Pd a vincere le elezioni regionali , tra qualche mese, e quelle comunali con un candidato unitario, tra meno di un anno. Infine, questo partito è ancora debole e non svolge una funzione egemone nel campo delle forze riformiste e manca ancora di un’autorevole classe dirigente diffusa, capace di offrire una leadership per i prossimi anni. Due punti centrali per funzione politica che è chiamato a svolgere.