Il Pd ha troppe anime al suo interno, e in un Paese salvatosi dal virus col distanziamento sociale, ma ancora minacciato dalla crisi economica e dall’indecisione politica, non sarà facile giustificare l’amucchiata identitaria. In Emilia Romagna, ad esempio, Stefano Bonaccini ha vinto anche grazie alle Sardine. De Luca – a cui piace esagerare – proverà invece a farlo con i Cetacei. Le Sardine le conosciamo, sebbene sia duro, tanto più ora che sono già in fase di smobilitazione, farsi venire in mente più di un paio di nomi: Mattia Santori, Jasmin Cristallo, e poi? I Cetacei sono invece gli ex Dc, perché tali sono i nati dalle balene, e “Balena Bianca” era chiamato il partito scudocrociato: nel senso di partito “pigliatutto”, sia della rappresentanza sociale, sia dei posti di comando. I Cetacei sono allora i De Mita, i Pomicino, i Mastella, ora tutti con De Luca; che di sicuro sono pesci più grossi, e hanno nomi più noti e anche una storia. Il problema, però, è che mettersi con le Sardine o allearsi con i Cetacei non è esattamente la stessa cosa, come già si intuisce dagli incontenibili dissensi preventivi sulla composizione delle liste deluchiane. Così come non è la stessa cosa spingere per il regionalismo differenziato, come fa Bonaccini, o sparare contro quelli che “scippano” risorse al Sud, come fa De Luca.

Diverso è anche avere al proprio fianco, con l’incarico di vicepresidente, una come Elly Schlein – eletta in Emilia Romagna con i “coraggiosi, ecologisti, progressisti”- o tenere a distanza, ed è il caso del governatore campano, uno come Sandro Ruotolo, eletto da Pd e de Magistris, che a Elly Schlein si ispira. Non è neanche la stessa cosa, infine, comunicare e polemizzare sempre dentro i limiti del politicamente corretto, alla maniera di Bonaccini (ha avuto il leader della Lega come avversario elettorale, ma qualcuno ricorda un’allusione o un insulto a quell’indirizzo?) o in modalità De Luca che del politicamente corretto ne fa un boccone, come Salvini con le ciliegie. Insomma, due mondi. Eppure, un unico partito. Ma che partito è un partito che ha anime così diverse? Certo, ha ragione Furio Colombo, quando scrive su il Fatto che Bonaccini e De Luca sono comunque due eccezioni; e che il secondo “è il presidente della Campania, non della sezione locale del suo partito”. Ma è poi lo stesso Colombo ad aggiungere che “le elezioni regionali sono battaglie per territori da sottrarre all’Italia e dare, come un ducato, al partito vincente”. Così è stato per l’Emilia Romagna e così, in caso di vittoria, sarà per la Campania. Dunque, la domanda resta: a quale progetto politico si pensa quando si parla di Pd e di De Luca?

Si dirà, ancora, che il problema identitario riguarda un po’ tutti, perché l’Italia è un paese duale, e quindi ogni partito – vedi la Lega – dovrà avere necessariamente una versione nordista e un’altra sudista. Ma attenzione: nel caso del Pd non c’è solo questo. La Lega è un partito ostentatamente regionalista, e ha difeso l’autonomia dei territori anche in piena emergenza Covid: elogiando Fontana e Zaia, e anche lo stesso De Luca. Il Pd tende invece a essere un partito centralista e ha già dichiarato guerra alle Regioni pur avendo come segretario nazionale Zingaretti, cioè un governatore, e come probabile candidato alla successione – guarda caso – proprio Bonaccini. Il quale a nome delle Regioni è andato agli Stati generali a denunciare indovinate cosa? L’irragionevolezza di un margine di indebitamento assorbito esclusivamente dallo Stato centrale. Un bel pasticcio, insomma. E il punto è questo: abbiamo memoria del partito “pigliatutto”, ma nessuno può ora sapere cosa farà e dove ci porterà un partito “acquario”.